Oltre 330 miliardi di euro le sofferenze Bancarie
Cessione dei crediti
L’incremento di nuovi flussi di Npe, nel prossimo anno è misurabile
in 60-100 miliardi di euro, con impatti particolarmente rilevanti su
Utp (inadempienze probabili) e Npl (crediti deteriorati).
Tuttavia, sin dallo scoppio della crisi finanziaria risalente all’anno
2008, lo stock e l’evoluzione dei crediti non performanti delle
banche italiane (le cosiddette non performing exposures, Npe)
sono un tema centrale a causa del notevole impatto degli Npl (non
performing loans, le vere e proprie sofferenze) sull’economia reale
del nostro Paese.
Negli anni passati, il totale degli Npl era arrivato a toccare la soglia
dei 200 miliardi di euro a cui si aggiungevano Utp (unlikely-to-pay,
inadempienze probabili) per ulteriori 130 miliardi, con un valore
complessivo di oltre 330 miliardi di euro di crediti bancari.In conseguenza dell’intervento incisivo dei regolatori europei e
nazionali e dell’iniziativa di operatori specializzati, la massa degli
Npe sui bilanci bancari è andata, nel tempo, a diminuire.
Il volume degli insoluti - Cessioni di credito è un mercato enorme,
destinato a crescere, visto che lo stock crediti deteriorati lordi nei
bilanci bancari è in forte aumento (+19 miliardi di euro nel 2021 e
+20 mld nel 2022), con un Npe ratio (ossia il rapporto tra crediti
deteriorati e il totale erogato,) previsto al 7,8% nel 2022.
L’effetto vero della catastrofica pandemia del 2020 ancora non si
vede sui bilanci bancari italiani, ma di certo, nei prossimi trimestri,
le banche italiane proveranno a fare i “compiti a casa” chiesti
dalla Vigilanza e dalla BCE.
Nonostante lo scoppio della pandemia Covid-19 abbia frenato il
mercato finanziario, l’ammontare complessivo dei crediti
deteriorati ceduti, stimato in circa 30 miliardi di euro, è superiore
rispetto agli obiettivi fissati negli esercizi precedenti, beneficiando
sia di operazioni di carattere straordinario come quelle realizzate
da grandi Gruppi Bancari , sia dell’incentivo introdotto dal DL Cura
Italia che, a fronte di cessioni di crediti deteriorati, consente di
convertire parte delle DTA ammissibili in crediti di imposta.Rispetto agli anni precedenti sono diminuiti sia i tassi di
recupero delle posizioni in sofferenza cedute (dal 30% al 28%),
sia quelli delle sofferenze chiuse mediante procedure ordinarie
(dal 46% al 44%).
Per entrambe le tipologie di chiusura la riduzione è riconducibile
a un numero limitato di operazioni di importo significativo e ad
alcuni intermediari.
Il tasso di recupero dei crediti deteriorati complessivo è sceso al
31% (33% nel 2018);
il differenziale nei recuperi tra cessioni e procedure ordinarie si
mantiene elevato, pari a circa 16 punti percentuali.Il tasso medio di recupero sulle sofferenze assistite da
garanzie reali è stato pari al 35%, risultando in diminuzione
sia sulle posizioni oggetto di cessione (dal 36% al 32%), sia
su quelle chiuse mediante procedure ordinarie (dal 52% al
48%).
Per le posizioni non assistite da garanzie reali il tasso medio
di recupero è risultato pari al 21%; anche in questo caso la
diminuzione si è avuta sia sulle sofferenze cedute (dal 19%
al 16%) sia, seppure in misura minore, su quelle oggetto di
procedure di recupero ordinarie (dal 36% al 35%)I tassi di recupero dei crediti in sofferenza
L’ammontare totale delle posizioni in sofferenza chiuse si è ridotto
considerevolmente rispetto agli anni precedenti (da 78 a 34 miliardi
di euro).
Alla riduzione delle sofferenze chiuse ha contribuito la diminuzione
sia delle cessioni dei crediti (da 67 a 27 miliardi), sia delle posizioni
chiuse in via ordinaria (da 11 a 7 miliardi) e il peso delle cessioni sul
totale delle posizioni chiuse è leggermente diminuito, ma resta
comunque rilevante. (dall’86 all’80%)
A partire dallo scorso anno si è osservata una crescita delle
transazioni aventi sottostante crediti deteriorati diversi dalle
sofferenze.
Come noto, tale categoria di crediti presenta un elevato livello di
eterogeneità a cui le banche hanno contrapposto strategie talvolta
differenziate rispetto a quelle previste per le sofferenze, che
ricomprendono non solo la cessione, ma anche la stipula di accordi
di partnership con servicer esterni oppure il coinvolgimento di fondi
stranieri specializzati.A differenza del mercato delle sofferenze, le cessioni di altri crediti
deteriorati sono concentrate presso un numero inferiore di
banche, anche in ragione della maggiore complessità e minore
esperienza su questa tipologia di operazioni.
L’ammontare dei crediti deteriorati diversi dalle sofferenze ceduti
sul mercato è stato pari a 8,5 miliardi (4,3 miliardi negli anni
precedenti) e il prezzo di cessione è stato pari al 53%, in aumento
di nove punti percentuali rispetto a quello realizzato nel 2018.
All’aumento del prezzo hanno contribuito sia le specificità di
alcune transazioni di importo rilevante, sia la maggiore conoscenza
del mercato da parte degli acquirenti e delle banche.
L’anzianità media di queste posizioni è stata di 4 anni, in linea con
gli anni precedenti.
La presenza di garanzie reali, rispetto alle cessioni di esposizioni
classificate a sofferenza, ha avuto un impatto più limitato sul
prezzo, che risulta circa 14 punti percentuali superiore a quello
delle esposizioni prive di garanzie.Crediti a imprese e famiglie
Il tasso di recupero dei crediti in sofferenza verso imprese e
famiglie è cresciuto al 32%, esclusivamente per effetto del
maggior peso delle chiusure in via ordinaria rispetto alle
cessioni sul mercato; sono infatti in lieve calo i recuperi sia sulle
posizioni cedute, sia su quelle oggetto di chiusura ordinaria.
Si è invece ridotto significativamente il tasso di recupero delle
posizioni verso famiglie (passato dal 43% al 30%), che ha
risentito dal notevole calo che ha caratterizzato i recuperi sulle
posizioni cedute su mercato, in gran parte imputabile a una
singola operazione di importo rilevante.I dati di Banca d’Italia
Le sofferenze chiuse: ammontare e tempi di smaltimento:
Nel 2019 il numero delle posizioni debitorie chiuse si è ridotto
notevolmente rispetto al 2018, attestandosi a circa 282.000, pur
mantenendosi ben al di sopra della media annua di circa 213.000
nel periodo 2006-2018.
L’ammontare di nuove posizioni creditizie classificato in sofferenza
è stato pari a circa un terzo di quello delle posizioni chiuse e il
relativo importo ha raggiunto il minimo dal 2009 (12 miliardi).
Relativamente all’evoluzione della quota delle posizioni a
sofferenza che vengono chiuse nell’anno, calcolata come rapporto
tra l’ammontare delle posizioni chiuse e l’importo complessivo in
essere all’inizio del periodo, essa si è attestata al 35% nel 2019.
Il valore è inferiore a quello registrato nel 2018 (50%), ma si
mantiene superiore alla media del biennio 2016-2017 (16%)
www.esattoriariscossioni.it ...
Continua a leggere