Nel caldo opprimente di quel venerdì pomeriggio di metà giugno, Simone cercò di trovare un pò di refrigerio spalancando le due finestre che davano uno su Viale Melchiorre Gioia, e l’altra sul cortile interno del palazzo a vetri. I condizionatori in quell’ufficio erano sempre stati difettosi, nonostante i ripetuti avvisi al proprietario dello stabile da parte della sua collega Veronica. Da quando si erano trasferiti, il periodo peggiore era quello estivo con picchi di temperatura anche molto elevati. Faldoni di vari colori e dimensioni erano disposti in maniera disordinata sulle loro scrivanie, occupandole quasi completamente, e molti altri invece erano conservati negli armadi ubicati ai lati. Un vecchio calendario della Banca Intesa penzolava ad una delle pareti, mentre una multitudine di documenti e cartacce strabordavano dai cestini. In effetti mancava l’ordine che di solito contraddistingue un ufficio contabilità, ma di questo a nessuno dei due sembrava importasse. Fortunamente avendo l’ufficio proprio al lato opposto dell’entrata principale, potevano restare placidamente sereni nella loro entropia. Insiema a loro c’era un terzo collaboratore, Diego, un vecchio e rigido contabile sulla sessantina che lavorava con loro da solo un anno, ma che a causa del suo carattere e del suo atteggiamento, elargiva consigli come fossero caramelle. Era stato responsabile amministrativo presso una società per molti anni, ma come spesso accade, aveva lavorato a ritmi sostenuti a scapito della salute. Una notte accompagnato d’urgenza in ospedale per un malessere, gli era stato diagnosticato un brutto male ad un rene e da quel momento la sua vita era stata rivoltata come un calzino. Veronica mal sopportava l’anziano collega, soprattutto perchè cercava in ogni modo di screditarla di fronte ai colleghi con le sue “pillole” di saggezza. Lei cercava di essere sempre gentile e rispettosa con tutti, ma con lui risultava davvero difficile. Era più giovane di lui di quindici anni circa. L’uomo aveva chiaramente palesato di non avere fiducia nella giovane donna come sua responsabile. “Mi stampi per cortesia quella relazione? Per favore, mi registri le ultime fatture ricevute in questi giorni? Chiese la giovane donna rivolta all’uomo. “Si, si ho capito. Sai meglio di me che ho solo quattro ore a disposizione. Cercherò di fare domani quello che mi hai chiesto”. Diego la fissò con un sopracciglio alzato, terminò la frase ed uscì in direzione della macchinetta del caffè, noncurante delle occhiatacce di entrambi. Simone guardò, la sua espressione era cambiato repentinamente. “Non mi abituerò mai alla sua presenza. E’ così spocchioso ed arrogante che non so quanto riuscirò a resistere”. Lei e Simone erano colleghi ormai da diversi anni e nutrivano l’uno per l’altro una grande stima reciproca. “L’hai portato il libro ? “ le chiese Simone, cercando di stemperare il clima teso, e continuò “Mi piacerebbe molto leggere la dedica, non ci posso credere che dopo tutti questi anni è ancora intatto. Hai mai fantasticato sul bimbo al quale era stato regalato? “ “Si certo, mia nonna quando me lo donò, mi disse che l’aveva trovato in una casa che era appartenuta ad una famiglia ricca di Canonica D’Adda, dove lei abitava. Erano molto benestanti, ma durante i bombardamenti la casa è andata distrutta. Lo trovò a terra in mezzo alle macerie, e lo raccolse. Lo conservò per molti anni e poi decise di regalarmelo.” Erano ancora intenti nel loro discorsi, da non accorgersi che nel frattempo Diego si era seduto alla sua scrivania. “Quel bimbo sarà sicuramente morto. Cosa mai potrebbe interessarvi una stupida dedica? Siete i soliti illusi.” intervenne senza batter ciglio con tono insolente “E poi tua nonna, sai che poteva essere accusata di sciacallaggio?” continuò imperterrito il suo discorso rivolgendosi alla giovane donna che nel frattempo era diventata di un coloro porpora tendende al viola... “In quel determinato periodo storico, le persone “sparivano” per un nonnulla, figuriamoci se qualcuno fosse venuto a conoscenza di quello che aveva fatto la tua nonnina...” “Ma come ti permetti ?” lo incalzò Veronica alzando la voce “Mia nonna era solo una bimba, e quella casa era ormai disabitata da molto tempo! “ uscì dalla stanza sbattendo la porta. Basta ! ora aveva davvero esagerato. A volte quell’uomo le sembrava possedere una tale cattiveria da farla rabbrividire. Inghiottì le lacrime. Si diresse in direzione del bagno, attraversando gli altri uffici open-space e cercando di non farsi notare. Vi entrò e chiuse la porta per evitare occhi indiscreti. Pianse copiosamente non riuscendo più a fermarsi. Il cuore le scoppiava per l’agitazione. Aprì lentamente la piccola finestra della toilette cercando di distrarsi guardando fuori. Vide subito due suoi colleghi sul pianerottolo esterno che fumavano una sigaretta. “Come lo sai?” disse uno dei due “Chi te lo ha detto?” continuò a parlare sottovoce cercando di non far trasparire il suo forte interesse all’argomento. “Te lo ripeto, mia cugina conosce la moglie di Diego. Sembra che abbia pochi mesi di vita. Poi, non so se questa notizia è vera oppure no, il fatto è che sembra che lo sia.. perchè dovrebbe non esserlo?” “Sembra che se ne sia accorto da poco tempo, da quanto le spiegava la moglie. Lui non vuole farlo sapere a nessuno. Posso comprendere il suo stato emotivo, anche se io al suo posto non so cosa avrei fatto sinceramente”. I due colleghi parlottavano tra loro, convinti di non essere ascoltati. Veronica si sentì mancare la terra sotto i piedi e cercò di appoggiarsi al lavandino per evitare di cadere. Improvvisamente tutto le fu chiaro. Al suo posto, chissà come avrebbe reagito ad una notizia del genere. Per fortuna, la giornata volgeva al termine. Si asciugò il viso, e tornò alla sua scrivania. Cercava di concentrarsi, ma fissava il monitor senza riuscire a capire quello che stesse facendo. Le sei arrivarono in fretta, salutò velocemnte e si diresse all’ascensore. Voleva andarsene, tornare a casa dalla sua famiglia. Una mano bloccò le porte che si stavano per chiudere. “Aspetta!” sentì la voce di un uomo chiamarla a voce alta. Lo guardò e non disse nulla. “Mi devi scusare Veronica, questa volta ho esagerato...” Diego la fissava con fare mesto. “Non so cosa mi stia succedendo, ma ultimamente non mi riconosco più. “ La donna non riusciva a guardarlo. Lo lasciò parlare in attesa che quel benedetto ascensore arrivasse al piano terra. “Ho bisogno di parlarti, hai un attimo? “ le chiese a bruciapelo. Veronica finalmente lo guardò e mosse il capo in senso affermativo. “Ho mia figlia che ha appena terminato le superiori. E’ una ragazza molto diligente e cortese. Volevo chiederti se puoi anche solo incontrarla per un colloquio” aveva terminato la frase respirando faticosamente. “Diego, in questo momento non c’è un posto vacante nel nostro ufficio. Ne terrò conto in caso contrario, ok?” lo vide cambiare espressione “Perchè neanche un colloquio? “ sembrava davvero che la situazione stesse peggiorando. Due colleghi li salutarono ma nessuno dei due rispose. “Mia moglie mi ha obbligato a chiedertelo, lo sai ? Ti conosco da poco ma so che non provi sentimenti per nessuno. Sei un iceberg..” e continuò con fare minaccioso “ Non avrei dovuto farlo, che stupido che sono.” La fissò e se ne andò con passo sostenuto. Veronica era senza parole. Trascorse l’intero fine settimana a pensare e a ripensare a tutto quello che era successo. Domenica sera le arrivò un messaggio da Simone. Era stato avvisato che Diego era stato molto male e si trovava in terapia intensiva. Il giorno dopo era morto. Decisero che sarebbero andati al loro funerale per potergli dare l’ultimo saluto. Fu una giornata straziante, intervallata da pianti ininterrotti della moglie e della figlia. Ad un certo punto, al cimitero, una donna con il volto coperto le si avvicinò. Disse di essere la sorella del defunto. Si presentarono, anche se la donna sembrava già conoscerla. “Mio fratello mi ha detto, prima di andarsene, che lei era disponibile a dare un lavoro a sua figlia Nicoletta. E’ così vero?” e continuò “Non so come ringraziarla, per loro è molto importante. Diego parlava sempre molto bene di lei”. Incredibile, pensò Veronica. Abbracciò la donna e se ne andò in direzione della macchina. Appoggiato sul sedile anteriore vide il libro di fiabe che le aveva regalato sua nonna. Lo aprì alla prima pagina e lesse la dedica : Dicembre 1943 A Donato con tanto amore, con l’augurio che tu possa essere felice. Sei un bimbo fortunato, cerca sempre di aiutare il prossimo. Sappiamo che hai un cuore grande. Ti vogliamo bene. Buon Natale La tua Mamma e il tuo Papà Fiabe di Hans Christian Hendersen La giovane donna ripose il libro, e ripensò alla sua amata nonna, a quanto le mancasse. Solo l’anno prima l’aveva persa, e insintivamente accarezzò la sua copertina blu, come se potesse in qualche modo riportarla indietro nel tempo, ai tanti momenti felici condivisi insieme. Il temporale che poc’anzi aveva scatenato la sua furia, ora si stava placando. Mise in moto la macchina e se ne andò. ... Continua a leggere