Francesco Ippolito

 

Dogville

Von Trier lascia volutamente la vita reale fuori dallo studio, eliminando ogni riferimento scenografico, la stessa Dogville durante l’intero film sembra inesistente, solamente accennata; immersa nella oscurità, disegnata sul pavimento dello studio, con qualche mobile, delle porte e delle finestre qua e là, l’essenziale per far capire dove si svolge il tutto. Continua... cinemaniaci.altervista.org/dogville/

 

Psycho: dalla carta alla pellicola

La nozione di “mezzo”, nell’ambito di una ricerca che si propone di porre a confronto gli esiti di una traduzione di un preciso tipo di testo (letterario) con un altrettanto ben definito testo (cinematografico), è assai importante… Esistono alcune differenze tra romanzo e film, sia nell’ambito della loro produzione che in quello della loro successiva fruizione. Entrambi sono la causa di una percezione narrativa che verrà immediatamente tradotta in un’emozione dal lettore/spettatore, assecondando specifiche dinamiche intrinseche al mezzo di cui si serve la narrazione per evolvere. La nozione di “mezzo”, nell’ambito di una ricerca che si propone di porre a confronto gli esiti di una traduzione di un preciso tipo di testo (letterario) con un altrettanto ben definito testo (cinematografico), è assai importante. Un libro, in particolare un romanzo, va a stimolare la “fantasia immaginifica” del suo lettore, lasciandolo libero di crearsi determinate immagini mentali e associazioni

 

Signs

La fantasia insita nel mezzo cinematografico, che da sempre lo caratterizza, e il dato reale tipico dell’oggettività con la quale percepiamo la concretezza del quotidiano (cui sovente, non senza colpa, ci abituiamo stimolati forse dalla necessità di individuare punti saldi e facilmente riconoscibili), in alcune rare occasioni entrano in una sorta di legame di interdipendenza tra loro, contaminandosi vicendevolmente. La “fantasia della realtà” è data, in maniera decisamente artificiale (ma non per questo percepita come meno convincente o coinvolgente – pensiamo al cinema, per esempio – ), anche come “realtà della fantasia”, spesso trascurata o considerata come la facile e semplicistica arringa di persone insoddisfatte del dato reale. Andando ad affrontare un’opera che tratta con i mezzi della fantasia delle realtà presenti nel quotidiano (i cerchi nel grano esistono, su questo non c’è dubbio, ad essere messo in discussione non è il loro “darsi” – facilmente riscontrabile da chiunque... Continua a leggere

 

Driver

Driver è un film d’azione che non appartiene al suo genere, almeno non completamente. Numerosi sono, infatti, i richiami al western, sia dal punto di vista della sceneggiatura che da quello più strettamente figurativo, quello legato ai “segni” di un genere; un “western metropolitano” dunque, in cui i cavalli sono stati sostituiti dalle auto, gli ampi spazi dei canyon e delle praterie con le strade della metropoli, il saloon con il locale notturno. La sceneggiatura è molto esplicita a tal riguardo, a cominciare dalla caratterizzazione dei personaggi; sono eroi “de-generi”, che non possono essere totalmente ascritti alle leggi del film cui appartengono e che potrebbero, con le debite differenze, essere “esportati” in un film western. Sono personaggi stereotipati, senza nome, che vengono individuati in base alla loro funzione in relazione allo svolgersi della storia: il poliziotto, il criminale, la ragazza, ecc…; involucri vuoti, svuotati dall’interno ma comunque non privi di una

 

L'orgoglio degli Amberson

Il tema del tempo è uno dei – anzi, uno dei possibili – metodi di approccio alla narrazione adottati da Welles: si esplicita tramite il massiccio ricorso al pianosequenza, per la verità notevolmente ridimensionato in questa pellicola – 200 contro i 562 di Citizen Kane. [Leggi tutto...] cinemaniaci.altervista.org/lorgoglio-degli-amberson/

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