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INFERMA DRAMATIS PERSONAE Cosciente del male, come del bene. Cosciente d’essere qui a letto ed aspettare una presta, gioiosa guarigione. Osservo me stesso, come forma che fiorisce , sboccia, s’ingrandisce , si trasforma lascia sentire il suo dolore nel tempo in cui fui certo del vero, quanto del fatto dell’essere sesso che s’anima , acquista una sua forma ,una sua identità . Sulla via della guarigione , attaccato a macchine ed ingranaggi situati all’interno di questa stanza d’ospedale, dialogo con altri poveri demoni come me. La guarigione, vede mio caro ,non risiede nell’essere capace di dimostrare la propria negatività, frutto del male di questa società. Poiché chi fu a contagiarmi , io non conoscerò mai . Può essere stato il vecchietto che abita qui vicino. La signora che esce ,ogni giorno con il cane a spasso. Può essere stato il benzinaio. Chen il cinese , dove vado in genere a fare la spesa. L’estraneità è legata alla diversità e alla follia come fine di un mondo che sopravvive a se stesso. Nella propria follia . Nel proprio linguaggio. Nell’amore. Nel sesso. Incriminare ora l’uno ora l’altro ,d’essere untori , condurli davanti un giudice, un povero uomo che non ha fatto nulla di male , neppure ad una mosca . Mi creda è una cosa orribile. Una malvagità. Una mostruosità. Per quanto, ognuno cerca di sfuggire al male epidemico Nascondendosi dietro una mascherina. Il male , accompagna il nostro vivere. Ci priva della nostra identità Dell’essere personaggi. Di essere, uguali davanti al nostro creatore. Davanti alla croce che abbiamo amato. Ed anche se , affetti da questo strano male Che impedisce di vivere la normalità Di far parte di questo sistema che tenta in vano Di distruggere i sacrosanti sogni di libertà. Come dar torto a chi contesta , Condannare un uomo , poiché egli respira , ama , cresce ,crede, studia, legge, soffre. Anche lui fa parte di questa grande comunità umana oggetto e soggetto ,infermo , malato immaginario . Personaggio immaginario forse ed ora , vorremmo fare la guerra a quei quattro ruba galline per ritrovarci davanti un tribunale o in un letto d’ospedale ,con un casco sulla testa. Sono stanco , voglio uscire da questo sospetto. Dalla mia quarantena. Voglio dire, come la penso , cosa sento , senza aver paura del dottore, del professore , del giornalista ,del cappellano. Non ho fatto niente di male . Giovanotto cosa ti è preso ? Non arrabbiarti a causa di questo sistema. Ricorda all’urna il popolo è sovrano è questo c’è consola Ti fa sentire come il cacio sui maccheroni . Come la sora rosa, seduta in un ristorante di Trastevere . Mi consenta ,ma questa è una presa per i fondelli. Eppure, privando, tale dialogo delle sue espressione dialettali , la ragione poetica non manifesta nulla di buono si vaga per fredde strade, inseguendo vari fantasmi in catene. Si cade nel vortice d’una coscienza inquieta . Si cerca faticosamente di trovare una soluzione al caso psichico Per quanto ripeto , sia assai ,sempre difficile coniugare il sacro con il profano. Rimane ben poco di questa vita da infermo . Permane il problema di fondo Cosa si vuole , veramente rappresentare ? Non certo l’immagine del contagio L’intima manifestazione virale , il sperare e mai giungere ad una risoluzione definitiva del caso . Fingere per essere , vivere per credere , Piangere per fregare ,ridere per amare. Rimane la certezza inqualificabile, di una squallida realtà agognante con la mano sulla bocca della verità. Rimane la crudeltà delle diagnosi mediche. Nulla è certo di ciò che sei ,domani potrebbe andare Meglio, forse ci vorranno mesi, anni ,secoli generazioni e generazioni , d’intelligenze addette per risolvere quel tuo stato di coscienza inquieta. Per quanto, mi viene da pensare e sarei ,assai contento se tutto ciò non fosse mai avvenuto. Ma la follia ritorna e con lei la storia che ci ha creato Si ritorna dal viaggio intrapreso . Dal grande sacrificio fatto per comprendere per conquistare uno spazio libero ove poter rinascere E credetemi non è una cosa per nulla facile. Sovvengono, frasi profonde : Non ti ho cercato nel nulla. Ho cercato attraverso di te ,per risalire all’origine del segno , alla scrittura non formulata che ha tracciato il vento sulla sabbia e sul mare . Per ritornare alla scrittura ,selvaggia dell’uccello del pesce che guizza. Del signore del vento ,del signore della sabbia , del signore degli uccelli e dei pesci che parlava all’uomo del libro che l’uomo attendeva dall’uomo. Creare nel rappresentare per essere finalmente consapevole di ciò che s’era per l’altro per essere finalmente uomo. Il mare un tempo si tingeva di sangue , le parole annegavano a largo nell’infinito scorrere delle onde . E sembrava di vivere nel viaggio in sé il segreto dello scrivere attraverso i segni antichi impressi sulle pagine della vita. Il cammino dell’uomo, la sua ricerca dell’ oblio d’un mondo , aldilà di ciò che si possa rappresentare, per cogliere l’attimo amoroso, l’espressione arcana i giorni felici in cui abbiamo discorso , abbiamo mangiato, abbiamo sperato. I giorni in cui eravamo sani. Poi vennero gli attori gli untori in manica di camicia , infreddoliti tremanti , sorseggiando una bottiglia di grappa , assunti in quel teatro di cose assurde , con tutto i loro vestiti , le loro vicende personali con un animo ubriaco di vita e canzoni . Non è facile distinguere l’oggetto dal soggetto , perché a me la frittata mi è sempre piaciuta .Rammento me la facevo fare ,ben cotta mia madre ,ch’era bravissima a farla. La sua frittata di zucchine era una vera bomba. Son cresciuto con questo desiderio, con questa inverosimile famelica volontà di divorare frittate. E di frittate ne ho mangiate tante , prima di ogni recita. Frittate filologiche, condite di vari linguaggi surreali , come quella volta che mi dichiarai no Vax che il mio principale mi licenziò in tronco . Perché, secondo lui non ero capace d’assolvere il compito assegnatomi da questo sistema ,il ruolo d’ impiegato modello , così un po’ come il dramma di quei personaggi senza autore, mi ritrovai a vagare alla ricerca di qualcuno che comprendesse l’intima mia tragedia . Nel senso , veda che l’autore che mi creò riferito al comune creatore , di questo universo , non volle mai rappresentare in pubblico il mio se nel mondo dell’arte. E fu questo un vero pasticcio ,perché chi ha la ventura di nascere personaggio vivo, può ridersi anche della morte . Un personaggio non muore più . Morra l’uomo ,lo scrittore ,strumento della creazione ma la creatura non dovrebbe mai morire. Non le sembra straordinario. Vivere per l’eternità , essere alfine immortale Poter recitare nel miglior modo la propria parte , senza regole , senza nessuno ti suggerisca frasi fatte. Diverse volte ho provato a svoltare in quella lunga traccia narrativa , ho provato a conoscere meglio i mille personaggi reali e irreali nati da questa mia follia narrativa . Figure e controfigure , losche e meravigliose , venditori ambulanti , operai, pensionati, negozianti , tutti intimoriti da questo invisibile virus senza nome. Quante volte ho provato ad uscire fuori da questo orrendo racconto del sé e del per sé ed andare verso nuovi mondi immaginari , girovagare alfine senza meta nel giardino delle meraviglie , linguistiche. Tutto l’amore provato , tutta la certezza della mia esistenza del vivere dell’entrare , uscire dall’ospedale. Del fa parte di un mosaico di forme di varie sequenze cinematografiche ,unite nell’atto rappresentativo. Le sembra poco tutto ciò ? Sa , c’è tanta solitudine in giro ,tanto smarrimento. Grazie , cosi mi rispose la signora in realtà un angelo ingranando veloce la marcia della sua utilitaria. Rimasi ad osservarla, andare via con gli occhi sgranati ,perplesso sentivo già d’essere un personaggio irrilevante in quella occasione ma la cosa per mia fortuna ,non mi spaventò tanto. Così provai ,ad andare avanti con il costruire una nuova scena . Provai ad entrare e far parte d’una nuova trama , fare da spalla al protagonista , sarebbe stato un grave errore anche sé lo consideravo un amicone, la cosa tra noi, non avrebbe mai potuto funzionare . In principio fumavo un pacchetto di sigarette al giorno. La cosa mi faceva sentire all’altezza del mio compito ,di fumatore all’interno della commedia. I colleghi non dissero mai nulla ,poi compressi che il fumo , mi faceva stare male, tosse, catarro , affanno. Non avrei potuto più lavorare con nessuna compagnia, se mi fossi di nuovo ammalato . Non avrei mai potuto recitare in qualche scena in cui serviva urgentemente un povero uomo ammalato. Se non avessi smesso io non avrei potuto più recitare a soggetto ciò che io ero capace di rappresentare. Scrissi altre pagine, recitai altri drammi, altre avventure metodologie filosofiche e antropologie dell’ essere, reputati dal pubblico vaccinato , come testi inediti. Non venni mai preso mai in seria considerazione all’interno del mercato editoriale . Con le peggiori intenzioni , non badai a cosa avrebbero detto sul mio conto i cinici critici ,il psichiatra panciuto dai biondi baffetti. Il quale , m’invito a far parte di un suo psicodramma alla radio , per prendere sul serio la mia parte di folle infermo. Ma per me era , ormai troppo tardi , tutto il decorso della mia malattia era stato solo un occasione per conoscere ,uno ad uno ,ogni attore , scenografo , ballerino , cantante , untore per poi partire , incurante di ogni male, verso quella lunga stagione teatrale da passare tutti insieme all’inferno.
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