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FERDINANDO LADRO GENTILUOMO FIABA Personaggi Ferdinando : Guappo Un Gatto Randagio Ragazzo Arcangelo Gabriele Luogo: Napoli Un tempo viveva in Napoli un uomo di nome Ferdinando , egli era un guappo ,nato sopra i quartieri spagnoli . Era assai giovane quando incominciò a pensare ed agire da guappo. Aveva occhi azzurri come il mare , una donna nel cuore ed era uno strano ladro di sogni un po’ stupido , un po’ guascone era quello che gli altri sognavano d’essere. Egli era uno , nessuno e centomila . Uno come tanti , tanto meno , assai intelligente, era sempre indaffarato, fermo nel suo progetto di diventare ricco e famoso di sposare una bella donna di andare a vivere sopra Posillipo alla faccia di tutti quello che lo volevano male. Una fama atavica gli scorreva nelle sue vene, insieme alle sue illusioni . Alcune sue illusioni erano rosse e le vedevi scorrere nel suo circolo sanguigno nel fluido di un sapere esoterico, popolare. Altre sue illusioni erano semplici utopie , immagini di un vivere underground , nate nei bassi alla ricerca di pastiglie di ecstasy. Vendeva erba coltivata nell’orto della nonna. Egli voleva diventare, quello che si dice in genere un ladro gentiluomo. Era d’aspetto un tipo segaligno, sempre alla ricerca di nuove avventure amorose . Di solito barava, giocando a tre carte , perdendo ad ogni occasione nel fare il doppio gioco, nell’ imbrogliare il prossimo. E cercava nell’imbroglio quella lungimiranza furbesca , travestita da ladrocinio. Si esercitava nei tranelli e nelle dissolutezze per diventare maestro dei tanti mariuoli metropolitani. Era a capo di una banda di ladruncoli chiamata gli spagnoli che si nascondeva nei vicoli scuri a ridosso della stazione ferroviaria , annidata nei profondi meandri di una città maleodorante . Una strada perduta nella sua angoscia quotidiana , scricchiolante nella forma di un deleterio desiderio di rivincita , incline nella giusta relazione dell’essere o meno un ladro onesto. Non era un assassino ,crudele, neppure uno spietato criminale con tante stellette appuntate sulla giacca. Ferdinando era quello che gli altri non riuscivano ad essere . Era fosse un mito , un guappo d’altri tempi , un attore, un imbroglione nato, un trasformista. Ed egli sapeva travestirsi in ciò che desiderava essere in ciò che voleva essere. Amava andare a spasso sotto braccio con varie signorine assai vanitose , chiacchierare del più del meno nella peggiore ipotesi Ferdinando era nato per essere un rubacuori gentiluomo . Figlio di un ciabattino e di una casalinga del rione sanità. Non c’era luogo di quel rione maleodorante che non conoscesse . Tutto gli era lecito , nulla era insignificante nella logica delle parole volgari che correvano lungo i fili tesi tra due balconi. Le voci dei vicoli , viaggiavano nell ‘eco di un tempo remoto , andavano ben oltre ciò era visibile, fino a giungere in diverse dimensioni metafisiche. Erano un bisogno spirituale il suo di cambiare, un bisogno di rivincita . E l’inizio di quella sua rivoluzione era partita dal basso . Una rivalsa sociale. Ferdinando era un guappo nato e correva sulla moto senza casco . Un giovane guappo con tanto di garofano rosso infilato nell’occhiello della giacca. Quanto costano queste mele marce . Stiamo per chiudere e le mele non sono marcie. Cosa hai detto? Don Ferdinando non vi avevo riconosciuto Cosa desiderate ? Siete venuto a raccogliere l’obolo ? Don Ferdinando bello, protettore di noi poveri negozianti Don Ferdinando bello, fatemi la grazia Non schiaffeggiatemi come fate di solito. Don Ferdinando la vita è dura e si vendono pochi pomodori. Sono venuto a prendere ciò che mi devi Questo mese c’è un aumento dovuto all’ aliquota fiscale. Mannaggia l’ aliquota ,qua già fatichiamo ad andare avanti. Questo negozio è aperto giorno e notte. Chi sa quanti soldi guadagni di nascosto. Don Ferdinando io alzo le mani m’inchino al suo cospetto Mai vi direi una bugia. Non nasconderei mai i soldi guadagnati onestamente. Mi devi il doppio questo mese. Va bene mettiamoci d’accordo Vi faccio una bella cassetta di ortaggi freschi da portare a casa. Ci sono questi peperoncini e questi pomodorini sono una delizia. Sono il frutto degli alberi di nostro signore , sono il sudore colante dalla sua fronte. Don Ferdinando ve lo prendete un caffè. La città si sveglia con la luce del sole a volte sembra avvolta di varie angosce piegate nella loro presunta guarigione . Angosce metropolitane molte simili a brioscine colme di crema. Gustose , ripiene di concetti linguistici, dialettali , sofismi letterari . E in questo parlare spicciolo , inebriante la mente il logos della città ti trasporta in altre dimensioni fantastiche . Ferdinando era parte integrante di quella città , fatta di muri neri , palazzi di calcestruzzo con tanti muri dipinti di scritte oscene . Scritte deliranti illuminanti il cervello con frasi oscene ed eroiche . Etrusche espressioni , con osci cinici venditori di oppio , patrioti partenopei preparati ad ogni evenienza. E Ferdinando un bel giorno dopo essere stato preso con le mani nel sacco a chiedere una tangente sulla tangenziale ad un automobilista che non era un semplice automobilista, ma il capo della squadra mobile della polizia di Napoli. Fu incarcerato dopo avergli messo le manette fu portato in carcere , con tante di catene ai piedi , cantando vita mia , ò sole mio sta fronte a te , Naninella fà ammore con me. Ferdinando fu messo in prigione con indosso un pigiama a strisce. Usci dopo tre anni per buona condotta. Una volta libero la prima cosa che fece fu di salire sul cornicione del comune di Soccavo ,dopo aver scontato la sua condanna nel carcere di Bellizzi irpino. Gridò al mondo intero e a tutta la cittadinanza la sua innocenza. Sono un uomo libero . Ero un guappo . Sono un Buffone. Un guappo di cartone Un cartone animato. Sono Ferdinando dei quartieri spagnoli Era a capo della banda degli spagnoli Ed ho sognato di essere qualcuno Ho sognato di vivere libero. Di aiutare la povera gente Mi hanno incastrato Mi hanno messo le catene ai piedi Mi hanno gettato dentro una cella senza processo. Senza un amico con cui parlare Io non volevo far del male a nessuno . Non volevo prendo in giro la città e le sue istruzioni. Sono stato bravo a proteggervi . Sono stato incarcerato ingiustamente , Rinchiuso per giorni in una cella senza pane e senza acqua . La ho pensato tanto alla libertà . Ho tanto pensato al mio passato . Mi sono passato una mano sulla coscienza. Ho detto basta alla violenza. Ho detto basta al pizzo Ho detto basta agli imbrogli. Ma cosa mangerò Come faro a campare ? Sono diventato una pecora Io Ferdinando ero un leone . Un ragazzo l’ascolta in silenzio dopo essersi pulito il mucco colante dal naso. Si pulisce la mano sopra i sudici calzoni a mezza gamba . Lo guarda e gli chiede Perché non ci hai pensato prima. Prima di far del male agli altri. Chi ti ha giudicato ? Ti sei giudicato da solo. Quanti anni hai sognato questo giorno ? Credi di essere libero, oggi di essere te stesso. Non posso rispondere ragazzo Guagliò vatti a fare una camminata Raccontami cosa è la liberta ? E una bella cosa, ragazzo Una cosa assai simile ad una rosa Una rosa profumata Io lo sognata un giorno in galera sopra una brandina Sono stato anch’io un tempo giovane come te. Una volta uscito ho percorso tutta l’Italia a piedi . Ho solcato monti e valli. Visitato tante città. Ho rubato nei peggiori locali pubblici Ho cantato Guapperia Mamma vita mia Aggio perso a capa per te Ma questa non è una ragione logica che non verrà mai scritta su i muri della città. Sono un ladro onesto , molto simile ad una mosca bianca. Ed un giorno mi chiameranno giusto delle nazioni. Mi celebreranno per dimostrare d’essere un esempio di giustizia E verranno tutti i ladri e guardie insieme a tutti coloro che non hanno mai capito nulla cosa è la vita cosa è l’amore. E canteranno con noi languide canzoni E mi diranno che bravo è questo Ferdinando Ed io quando sarò un sacco di ossa dentro una bara Diverrò questa favola che vola nella sera Poiché sono un ladro della migliore specie Perché io rubo ai ricchi per donare ai poveri Perché la polizia non fa mai pulizia nelle propria stanze. Che dite mi buttate nella discarica Io non ci casco. E voi malpensanti potreste pure andare a quel paese E ritirate quello che avete pensato se no vi sparo E spara lo sai quanto c’importa di morire Badate che io vi sparo Spara , spara che mamma ha fatto gli gnocchi Grida la folla dei spettatori . La città è grande come un isola in mezzo al mare , ci sono pesci che vanno a spasso per le vie del centro ,sembrano degli sposi perfetti . Anche loro fanno parte di questo dramma che si arrotola nelle pieghe del tempo si dissolve per messinscene surreali . E fuori seduti ai tavolini la gente qualunque beve vino d’annata annacquato, mentre il signor pesce e la signora pesce sorseggiano un doppio drink alla camomilla . Mangiano noccioline Mangiano sulle onde , dormono nella calda esistenza che riassume un incerto divenire . Rappresentano per varie ipotesi nella fisiologia degli atti precostituiti un perfetto racconto . un racconto una favola surreale, tenera , fragile che tramuta le persone oneste in ladri e guardie . Cosi per strade illuminate ai tavolini dei bei bar del corso , seggono i vari protagonisti di questa favola surreale . Di questo racconto che conta più di mille personaggi , tutti generati dall’immaginazione di Ferdinando felice di essere di nuovo un uomo libero . Di essere in segreto il giustiziere della notte. Il grande criminale ,il grande veggente, il grande malato colui che attraversato varie dimensioni poetiche è giunto sulla luna a salvare angelica dalla follia di orlando . Tutto è ora, cosi tranquillo la genealogia della morale eleva ogni personaggio verso un preciso argomento che narra della fiamma ardente le sue passioni. Cosi Ferdinando fu fatto fuori dal sistema, fu privato della sua libertà, perché aveva osato rubare il portafoglio del prefetto . Fu fatto fuori dal sistema perché credeva d’essere più furbo . Ma l’ignoranza soccorre gli ultimi li soccorre tra vari vicissitudini in quell’idioma volgare che aggrappato alla morale si lascia andare a diverse conclusioni. Per essere una forma priva di ideali o esperienze estetiche , capace di rappresentare l’amore agli occhi di chi nudo sta come un uovo cotto nell’acqua bollente. L’uovo sale verso la superficie, si vede l’uomo che attende di mangiarlo . Attende di comprendere il senso della sua storia fantastica . Una storia cristiana intrisa di volontà priva di quella lungimiranza apostolica, senza quella certezza di forme apocrife che dimostrano che l’uomo non è nato da un uovo. Ferdinando nella fantasia provò a rubare e rivendere senza successo l’auto del direttore sanitario ,parcheggiata fuori l’ospedale Loreto mare ad un infermiere in pensione . Era entrato in ospedale con l’intenzione di rubare un pacco di guanti. Adocchiata la bella macchina la fece sparire in una nuvola di fumo, fu ritrovata tre giorni dopo senza le gomme . Sulla portiera c’era scritto . Questa è la macchina del signor Direttore rubata da Ferdinando. Saper rubare ci vuole genialità , costanza ed un pizzico di fortuna. Ferdinando era il peggior ladro di questo mondo. Avevo pensato di essere migliore , più di tanti altri ma era solo molto simili a se stesso. Non ti lusingare gli disse il suo angelo custode Chi si lusinga Carcere e cancelli ,cancellano ogni dolore La camorra è come la camomilla. Siamo fatti ad immagine della realtà che viviamo Siamo fatti ad immagine di quello che sogniamo Io una volta ho sognato di essere un ladro gentiluomo Io una volta ho visto rubare una copia della gioconda Un tempo ero un tipo in gamba Sapevo sparare bene ,capace di colpire una mosca in volo. Ma la società si è presa gioco di me Mi ha costretto ad essere un vagabondo Un ladro d’illusioni Un burattino senza fili Oggi mi muovo tra la gente sognando d’essere come loro Sono diventato come loro un burattino Sarebbe stato meglio essere un pesce Poi ho incontrato un angelo come te Mi dicesti mi chiamo Gabriele Io ti ho guardato e ti ho seguito fin lassù Ma il paradiso non fa per me ti dissi Cosi andai giù al porto dove viveva la sirena partenopea che tracannava birra e non pagava mai il suo conto in sospeso. Ma chi siamo noi per giudicare una povera sirena. Neppure Gabriele mi ostacolò nel mio intento . Tanto meno la buon costume che disse di soprassedere l’arresto Idem quelli della questura centrale. Conoscevano bene chi era la sirena una a cui non vale la pena calpestare i piedi. Ferdinando dopo quel comizio improvvisato sul cornicione del comune di Soccavo fu portato in questura per accertamenti . Strada facendo un capocomico si trovava per caso in quei paraggi. lo vide ammanettato e gli sembrò l’ideale attore che cercava da tempo per sua commedia intitolata . Il guappo del rione Sanità . Melodramma comico gioioso che narrava delle vicende di un povero disgraziato alle prese con guardie e ladri , con l’agente delle tasse. Ma il barista non voleva sentire ragione e pretendeva da Ferdinando quello che gli doveva . Tanti soldi quante sono le stelle nel cielo di notte. Ed il suo angelo custode ad un tratto ebbe compassione di quel povero ladro e lo tramutò in un angelo di seconda classe senza poteri magici . Il capocomico disperato chiamò il commissario . Denunciò la scomparsa di Ferdinando svanito con l’anticipo versato . Ed egli voleva ad ogni costo quell’uomo con quella faccia da ladro onesto che avrebbe fatto sorridere mezzo mondo . Che l’ avrebbe reso famoso cosi avrebbe potuto comprarsi una villa al vomero e l’avrebbe messa nome Guapperia e sulla porta d’ingresso avrebbe fatto incidere la famosa epigrafe . Qui rido io. Ma la vita cambia da un momento all’altro e la scena del delitto era compromessa . Bambenella insieme al brigadiere Maione erano svaniti nel dedalo di vicoli dei miracoli . Il popolo accorse a frotte in teatro , c’era chi si portava addirittura la sedia da casa . Chi si comprava prima di entrare in teatro i taralli da Gigino sul lungo mare . Chi si fumava la pipa di nascosto . Chi aspettava impaziente , uscissero da un momento all’altro le ballerine con le gambe da fuori . Scollate e senza reggiseno. È proprio vero che chi vuol giudicare , finisce per essere giudicato . Ed il critico del giornale il mattino quella sera si era preparato un lungo articolo in merito . Dal titolo : Cosa è l’arte , cosa è una risata. La commedia Il Guappo ebbe un enorme successo fu rappresentata per tre mesi a Napoli , un mese a Milano , Brescia e Mosca. A Parigi si toccò la gloria nei secoli dei secoli. Quando l’intera compagnia giunse a Caltanissetta fu applaudita e salutata come esempio ideale di arte drammatica. La vita nasconde in se sempre un segreto , un parto , il meglio ed il peggio di noi stessi. E sotto le luci della scena tra frizzi e lazzi le maschere e gli attori si confondevano nel vero e nel falso in quella forma dialogante , incantante lo spettatore pagante. Incantato in platea da farlo gridare e sognare , piangere e sorridere. Ed il teatro era una grande arena , dove vi sono tanti loschi tipi, tante persone che recitavano secondo il loro volere , sopra e sotto la volta del cielo. Il teatro era quella città, il palco, la culla in cui nacque Ferdinando . Ed il cielo era pieno di angeli che svolgevano il loro lavoro di guardie, di angeli custodi . La terra era un teatro, il mondo era un teatro, la televisione trasmetteva varie commedie dell’arte . Ferdinando cosi fu fatto protagonista di quella eterna commedia che era la sua vita . Furono recitate le sue gesta i suoi errori , le sue pene , l’ andare contro corrente, il suo rubare e rimanere aldilà ad ogni costo da solo , contro una muro di morali . Tutto ciò lo rese tanto celebre al punto che fu nominato commendatore della repubblica italiana. Gli furono condonati, tutti i suoi precedenti penali e invitato dalla Rai in vari programmi d’intrattenimento, fu presentato come esempio di virtù e di coraggio per essere riuscito a sconfiggere il male che gli stava attaccato da tempo sotto le suole delle sue scarpe.
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