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LA SIGNORA GUERRA THE LADY WAR La guerra è madre di tanti dolori La guerra è figlia della storia Figlia della storia ,passata e futura. Sono partito un bel giorno per la guerra Sono andato in guerra da solo con un fucile di cartone Sono partito per andare in guerra a combattere Per andare in guerra a combattere l’invasore Per ritornare vivo con la mia speranza di salvezza. Per raccontare, tanto coraggio e tanto amore Tante paure e tante disgrazie. Sono partito un giorno per la guerra . Ho visto cadere tanti miei fratelli . Ho sparato contro il nemico . Tanti cadaveri camminare sulla dolce terra del nord. Li ho visti cadere in una fossa comune. Ed io sono caduto nel dolore dei miei ricordi familiari ,messi in fila contro un muro , nella fisica reminiscenza di una bellezza arida che arde dentro di me ,come fosse una girandola di parole fatte ad immagine di una realtà in movimento .Cosa ho sognato ,crescendo , giovane soldato, figlio dell’Ucraina , la mia guerra personale . Cosa ho trovato in quel prato minato. Cosa è rimasto della mia dignità di uomo . Io figlio di una donna ucraina, emigrata in Italia, tanto tempo fa. L’ eco della guerra mi ha scosso nel profondo , mi ha fatto rinascere . Mi ha fatto dire basta. Forse non era stato sufficiente piegare la schiena ed il capo. I corsi della storia si ripetevano nella loro crudezza, elettrizzavano le mie vecchia reminiscenza Ucraina. Nella sera , vagavo con le mie parole infuocate , pronte ad incendiare la realtà fenomenica . Sotto una luna ruffiana . Sotto questo arco di trionfo. Dove assaporavo la storia ,spalmata sul pane dei ricordi. Sotto l’arco dell’oppressione . Sentivo le bombe . Sentivo gli spari . Sentivo il cuore battere forte. La guerra . La guerra. Mi ha riportato qui. In questa dolorosa terra degli avi . In questa baracca alla ricerca di un pezzo di pane. Alla ricerca di me stesso. Di tutte le mie domande irrisolte . Tutti i miei errori , i quali ,correndo fanno a gara con la morte e con la sorte. Sotto la luna. Sotto l’arco del perdono. Sotto l’arco della pace. Sono giunto qui dopo un lungo cammino . Con il mio zaino sulle spalle. Con il mio fucile di cartone , pronto a sparare le mosche d’inverno. Pronto a sparare contro le mie illusioni. Ero giovane e forte , credevo nell’amore . Adoravo la bella libertà . Figlio mio , abbi pietà di me . Abbi pietà dei mie errori . Delle mie disgrazie mi disse mia madre . Riversa sopra un letto di piume d’oca . Il letto girava e volava , verso quel desiderio di essere . Volava verso la finestra , verso un altra dimensione. Verso la guerra. Verso le stelle luccicanti . Canterine a novembre . Prossime ad essere stelle comete . Presto afferra il mio passato, mi disse mia madre. Ero tanto giovane, quando decisi di andare a combattere con le forze di liberazione ucraine, contro l’invasore russo . Combattere contro una guerra fratricida . Contro tutto l’orrore di questo mondo . Contro l’assurdo giudizio incline , nell’essere mistero. Una forza primordiale fatta ad immagine della mia realtà Giunsi a Kiev portando il mio fagotto di pallottole comprate nel negozio di fronte casa. Ero cosi giovane in quel tempo , credevo ancora nell’amore e nella libertà . Nella speranza di risollevare il triste destino del popolo ucraino. La guerra era un fuoco continuo, illuminava la terra . Gli spari si udivano in lontananza e le maree di soldati avanzavano al suono delle cornamuse . Avanzano nelle nere trincee . Con il fucile in mano. Pronti a sparare all’invasore. E in quella visione deleteria, compresi l’umanità di Dio . Una nave carica di soldati , era pronta a sbarcare sul fronte opposto . Quel fiume di cadaveri era tutto quello che vedevo e sapevo . Si sparò per tre giorni interi , senza mai fermarci. Si sparava alla luna . Alla donna di cuore. Al soldato nemico ed amico saldo nel suo principio di civile che sa parlare russo o ucraino napoletano come me . Inglese come il mio amico. Faceva tanto freddo nella steppa. Faceva freddo lungo il don maggiore . Mi dondolavo ,vicino al fuoco scoppiettante tra gli arbusti di mirto. Quanta fatica per giungere in ucraina ,viaggiai tre giorni su un treno merci e nell’ arrivare al fronte mi fu fatale. Fu fatale la falsità delle mie mosse . Con il desiderio di combattere . Con ancora in bocca il sapore delle caldarroste . Ricordai da dove venivo , dove andavo . E in quelle sere immense . Stellate ,senza velo sul viso , senza un perché da friggere . Senza mio padre italiano accanto. Senza mia madre ucraina in questa storia che uccide, distrugge ogni ideale, ogni bellezza. Ogni speranza. Il mio viaggio continuò verso la guerra Verso il fronte . Sopra un frontespizio di un tempio di marmo raffigurante Marte. Raffigurante , questa esistenza estrema . Il viaggio fu lungo è faticoso. Mi facevano male i piedi . Mi facevano male le mani a furia di strofinarle . A furia di guardare fuori il finestrino del treno in corsa , nell’immensità dei campi verdi. L’immensità della terra madre genitrice . Sorda musa della carne. Sopra la mia testa, vedevo volare enormi elicotteri di combattimento. Vedevo solcare nel cielo di ucraina , tanti aerei pronti a sganciare tante bombe. Bombe contro quell’ orrenda guerra . Contro quell’ orda di barbari. Contro babbo natale. Contro la befana. Contro i tanti perché irrisolti che si erano evoluti nel senso di una frase sbocciante solinga nel verso lungo. Nel verso esplorante ed esplosivo nato laggiù ai confini della terra . Ai margini dell’immagine metafisica . Ai margini della fantasia. Ed i fucili danzavano nella sera . Affianco agli eroi feriti di ritorno dal fronte. Ero tanto giovane in quel tempo del mio narrare . Forse avrei potuto morire all’improvviso . Morire combattendo. Morire con tre medaglie appuntate sul petto. Ero folle. Non avevo giudizio . Ero un caso disperato . Mia madre, ucraina d’origine, piangeva , aspettando il mio ritorno . M’aspettava . Aspettava il mio ritorno. Il ritorno di suo figlio partito per la guerra , figlio della bella ucraina . Napoletano ucraino . Forse avrebbe aspettato cento anni . E m’ aspetterà tutto il resto della sua vita . Tutta un esistenza pronta ad esplodere nella sua pazzia, nella bella canzone trucidata in questa guerra crudele. Ho combattuto contro tanti soldati . Contro tanti morti . Contro i soldati del Cremlino . Contro i cosacchi con tanti colbacchi e mustacchi , senza tabacchi. Dentro baracche. Perché , perché . Dentro sporche baracche ho pianto . Ho pianto ed ho continuato a sparare . A sparare contro il nemico. Eravamo in tanti. Simili a me tanti ragazzi provenienti da diverse nazioni . Ragazzi pronti a morire pur di liberare la genitrice ucraina . Pronti a riconquistare il cuore di una bionda giovinetta . Pronti a cadere . Pronti ad avanzare . Pronti ad andare avanti , verso quella liberazione nazionale . In bilico dentro un epigramma amoroso. La guerra continuò ed io non trovavo pace . Non trovavo speranza da seppellire . Trovavo solo corpi massacrati dalla mitraglia che piangevano nella loro morte corporale, nella loro decomposizione. Nella loro fisicità . Nelle loro fattezze . Soldati giovani come me . Giovani riuniti a combattere un nemico comune . Un nemico che avanzava ed ammazzava . Un nemico , amico della morte civile . Della società . Nemico , amico . Guerre fratricide, figlie dell’economia globale . Della voglia di essere liberi. Giunsi in ucraina , un giorno di marzo . Ricordai i racconti di mia madre e della sua terra. Era primavera , sopra gli alberi nascevano fiori rosa . Fiori piccoli dolci . Fiori ,figli della natura che regredisce e cresce , rinasce nella creazione in una azione . Dalle radici di questa storia ,l’albero della vita io vidi rigoglioso pieno di rami nodosi quella mattina al mio arrivo alla stazione di Kiev . Alla stazione di Kiev c’erano tanti sodati e tante donne in arme. Tante donne dietro questa storia che si denudava si annidava nella mia mente di giovane soldato. Fui reclutato velocemente e mandato ai confini del Donbas. Li basso rimasi . Basso pensai . E faceva freddo. Faceva tanto freddo in Donbas . Non suonavo il basso. Non suonavo la cornamusa ma speravo di uscire vivo da quell’inferno . Fui ferito di striscio , vicino ad una gamba nei pressi di Mariupol una cittadina di anime morte . Fui raccolto per strada, febbricitante e zoppicante . Fui portato in infermeria al campo militare. Fui portato davanti ad un generale che si congratulò con me . Del mio coraggio di soldato. La guerra è una maledetta guerra, avrei voluto dire al generale. La guerra è una maledetta guerra , la quale mi ha portato via il mio onore. Mi ha portato via tanti anni e tanti amici. Tante amiche. Mi ha portato via il mio fucile comprato al negozio difronte casa mia. Il negozio delle mie pazzie , della mia speranza . La bella canzone della libertà cantavo in ucraino la al fronte. Cantavo bella ciao . Cantavo la mia sorte di essere soldato . Ascoltavo gli spari sparsi nei campi di battaglia . Cantavo il mio morire . Il mio dire bislacco con tanti mustacchi e tanti cosacchi attaccati ai polpacci . Attaccati alle mie parole bislacche. Attaccate alla mia povera ragione di figlio d’Europa . Di ragazzo . Di povero ragazzo. La guerra era il frutto della pazzia dei potenti. Era figlia dell’economia di mercato. La guerra era una donna in calore. La nel freddo inverno russo. Nella steppa ucraina. Nella steppa russa. Nell’ oscura boscaglia . Sopra i monti incantati. Sopra i monti infiniti. Ai confini di questo mondo . Camminavo compatti . Andavamo al fronte a combattere . Con fucili a tracolla , con occhiali e binocolo. Con cannoni e lunghi calzoni. Andavamo a combattere per la libertà di un popolo . Per una donna . Per una terra . Per un sorriso . Per una giusta causa . Quella guerra ci avrebbe distrutto alfine , quella guerra ci avrebbe visto seppellire . Quella guerra ci avrebbe diviso. Unito nel dolore. Ci fece dire, fratello mio perché . Ci fece dire aiuto. Ci rese liberi nel suo dolore. La signora guerra ha le ciglia nere e folte. La signora guerra è grassa sincera . La signora guerra è un amante insaziabile. La signora guerra vive nei sogni di ogni uomo. La signora guerra nasce e cresce con una scopa in mano. La signora guerra è figlia del silenzio . Figlia di un ricco borghese Figlia della storia Figlia di quella terra dimenticata Figlia della speranza Della rinascita La signora guerra ama con piacere ogni uomo ed ogni donna. Ama ogni fanciullo .Ogni vecchio. La signora guerra ,canta tutte le sere la sua agonia La signora guerra non conosce il domani . La signora guerra sa ballare sulla punta dei piedi La signora guerra è figlia di un pittore Figlia della volpe bianca Figlia della marmotta Figlia della neve Figlia del freddo La signora guerra sa guardare negli occhi il nemico. Sa dare tanto amore e tanto odio. La signora guerra sa sognare Sa amare e può cambiare la nostra storia. Al fronte incontrai tanti ragazzi come me . Tante storie simili alla mia. Tanti ragazzi . Tante azioni . Tanti giorni insieme in attesa . In attesa di avanzare . Vidi cadere tanti amici . Vidi cadere tanti soldati . Vidi piangere un generale . Vidi piangere un sergente. Vidi piangere un angelo. Ed una sera , come tutte le sere nelle strette trincee , dietro tanto filo spinato , rammentai il volto di mia madre , cosi rimasi con il mio fucile in mano ad aspettare di vedere la fine di quella terribile guerra.
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