Un tempo specie nel secolo scorso in molte aziende e industrie era possibile una volta andati in pensione mettere al proprio posto il figlio o la figlia. Una consuetudine che si è persa strada facendo per non ingenerare discriminazioni, lotte di potere. Il padre o la madre potevano tramandare il loro mestiere, fornire consigli, suggerimenti, informazioni utili, segreti data la loro pratica ed esperienza sul campo. In alcuni gruppi editoriali il lavoratore poteva chiedere di inserire al proprio posto il figlio. In alcune aziende era prassi e si usava questa procedura che non sembrava malvagia. I ragazzi affiancavano il padre e poi lo sostituivano in via definitiva al momento della pensione. I ragazzi apprendevano con facilità, non era intimiditi, erano inchiodati ai loro doveri di figli e potevano apprendere tutti i pro e i contro della attività che andavano a intraprendere. I padri erano interessati a fare corsi di aggiornamento cosi avevano un posto assicurato per i figli senza dover andare in giro a cercare lavoro. Queste scelte e abitudini erano rassicuranti per molte famiglie. Anche nelle miniere era abituale far inserire i figli. Lo spettro della disoccupazione era meno incombente. Si risparmiava la fatica di cercare una occupazione a tempo pieno. Tutto era scontato, prevedibile.
Questo sistema garantista è stato abbandonato, messo in discussione. Certo rivelava delle criticità. Però non era impossibile da realizzare visto che alcuni figli di dipendenti sceglievano altre strade ,a altri mestieri. Il meccanismo avrebbe funzionato solo per chi era interessato a proseguire le orme paterne o materne. Ora troppa burocrazia pesa sul mercato del lavoro. Trovare un lavoro è una impresa ardua. Si allontana sempre più l’ingresso nel mondo del lavoro che non è mai immediato dopo gli studi anche specifici. Avere a disposizione un posto subito è allettante. Le politiche del lavoro sono divenute complicate. Si parla di disoccupazione ma nessuno fa nulla per risolverla. Le soluzioni spesso sono complesse. La legislazione dovrebbe garantire un salario minimo per tutti. Molti hanno diritto a un mezzo di sussistenza. I discorsi quotidiani sono sempre gli stessi.
I fortunati benestanti riescono quasi sempre a inserire i propri figli, magari nella stessa azienda di famiglia dove ostentano il proprio stato sociale. Tutti gli altri sono giudicati mediocri e indegni. Nessuno si prende la briga di alleviare la sofferenza dei ceti più bassi, che nel lavoro non sono trattati con tanta cortesia.
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