Spesso ci consideriamo sfortunati e facciamo l’elenco esatto e dettagliato delle nostre disavventure e disfatte. Siamo sfortunati perché tutti i nostri progetti non vanno in porto, la casa dove abitiamo non è quella che sognavamo ed è magari umida, non abbiamo figli scaltri, abbiamo partener sbrigativi che vanno sempre di corsa, parenti che non ci sono di conforto che anzi ci criticano, dirigenti che non fanno altro che sottolineare la loro posizione, perché il nostro primo amore non è stato quello definitivo, i colleghi ci snobbano non sono dalla nostra parte, la suocera ci ossessiona con forza, i nipoti magari sono troppo pessimisti, gli impegni ci tengono sotto stress, i vicini sono scostanti e distaccati, nel nostro quartiere il verde è scarso. Ci sentiamo sfortunati perché magari ogni volta dobbiamo inventarci un lavoro diverso, perché non riceviamo la stima degli amici e dei parenti, perché la chiesa e la scuola sono lontani da casa, perché le vie sono intasate di traffico e sporche. Lo stato di rabbia spesso perdura, diventa cronico. Il nostro lo reputiamo un fallimento silenzioso ma totale Ci colpiscono le pugnalate dei colleghi, dei parenti, dei cugini, dei vicini di casa, delle donne superbe. Cerchiamo di trovare una soluzione, una posizione di vantaggio ma torniamo indietro come i gamberi. Si sentiamo traditi, defraudati dal destino. Non sopportiamo più i rimproveri, le parole aspre degli altri. Per sentirci meglio vorremo fuggire lontano. Ogni giorno ripetiamo gli stessi festi, le stesse parole come fosse un rito. Certe volte operiamo senza neppure pensare, lavoriamo in automatico, intensamente come in una catena di montaggio perfettamente sincronizzata. Ogni volta dopo una sconfitta, un deragliamento ricominciamo daccapo con tenacia e vigore. Ogni volta corriamo il rischio di essere sfortunati, di restare sconfitti.
Quando le disfatte si sommano crediamo alla sfortuna, pensiamo che altri ci portino iella. Nelle sventure avremo bisogno di un trattamento gentile che non arriva. Ci dobbiamo consolare da soli se vogliamo sopravvivere.
Con il tempo, maturando ci rendiamo conto che l’elenco delle nostre sfortune è ridicolo, che ci sono cose ben più gravi. La sfortuna è non avere più una casa distrutta dalla alluvione, dover partire in cerca di lavoro, perdere un figlio in un incidente. Le persone colpite da certe disgrazie spesso hanno il buon senso di non considerarsi sfortunate. Sono momenti, passaggi della vita che tutti passano. La vita è fatta di alti e bassi, gioie e dolori in una altalena senza fine, per questo nel dolore non bisogna avvilirsi e nel bene non bisogna ingrandirsi. Sono ancora troppi quelli che si vantano e sono superbi nel benessere ma il benessere non dura mai per tutta la vita. Gli incarichi prestigiosi, i soldi sono a tempo, hanno una scadenza come un prodotto del supermercato. La superbia in certi contesti è fuori luogo.
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