Discussione

APPELLATIVO

Spesso sul lavoro siamo quasi obbligati ad isolarci, a tirarci indietro. Il nocciolo della questione è che non ci sentiamo apprezzati, accolti, amati in modo completo. Intorno percepiamo una crudele ipocrisia, una informe ostilità che plasma ogni azione, ogni parola. Con alcuni abbassiamo le penne r ci tocca tacere e fingere noncuranza. Ogni collega fa la propria parte nel rilevare i nostri difetti quasi per dovere. I Dialoghi oltrepassano di gran lunga la decenza e sono privi di pietà. Sono dialoghi in cui prevale la esaltazione di sé o l’attacco degli altri senza mezze misure. In altre parole o ci offendono e fanno riferimento alla nostra vita lavorativa e privata o si vantano. Ci accusano persino di vestire male, di indossare panni non adeguati. Ogni collega ha l’ingrato lavoro di demolirci e in alcuni casi di sporcarci in modo pesante. Se lavoriamo bene siamo ugualmente oggetto di insinuazioni, allusioni se arriviamo in ritardo siamo additati, se i capi ci stimano siamo solo dei lacchè. Le colleghe donne sono più spietate verso le altre donne, ridacchiano per ogni piccola sciocchezza, si concedono di farsi beffa di noi, di parlare alle spalle, di aggredirci anche nella sfera personale. E’ chiaro che i rapporti si affievoliscono, le amicizie si sviliscono. Evitiamo di metterci in relazione con gli individui più aggressivi. Poi dopo alcuni anni di offese, sofferenze, parole vili, affronti, sgambetti, liti, aggressioni decidiamo semplicemente di sfuggire le occasioni di incontro. Non partecipiamo più a cene di lavoro, feste di natale, fese di compleanno fatte nella pausa pranzo. Ci allontaniamo con delle scuse. Non ci sentiamo a nostro agio. Non vogliamo essere avviluppati nella rete di menzogne e vanterie. Quel mondo del lavoro pettegolo e intrigante non ci appartiene. Ci risulta angusto, oscuro, rivale. Cerchiamo di selezionare le amicizie ma alla fine ne restano ben poche. Cerchiamo di non mendicare l’amicizia di nessuno. Ci ritiriamo con stile accampando scuse plausibili stanchi di soprusi e manchevolezze. Non abbiamo la stoffa dei soggetti passivi. Cerchiamo di tirare avanti, di fare gli affari nostri, di non immischiarci nelle varie dispute, di essere ragionevoli, impeccabili, educati. Non rispondiamo male a nessuno solo che ci sottraiamo al fuoco nemico democraticamente. Dopo qualche tempo però i colleghi ci fanno delle ironie, ci chiamano con degli appellativi, ci danno del lei, ci chiamano signore, signora come a sottolineare il nostro distacco, non ci chiamano più per nome e cognome, ci guardano con ironia, ci accusano di essere borghesi. Per loro siamo superbi come dei borghesi arricchiti eppure noi non esibiamo abiti e accessori lussuosi come loro. Siamo modesti, semplici. Non ostentiamo l’eventuale benessere economico. Molti riproducono in farsetto la nostra voce, mimano il nostro incedere lento con il passo felpato. Ci raggiungono con le loro frasi moleste, fuori luogo. In alcune conversazioni dopo ci fanno sentire di troppo, non collaborano nei lavori, ci boicottano. Molti hanno il chiodo fisso di perseguitarci. Ci fanno capire che siamo invecchiati, che siamo sciatti. La nostra aria dignitosa è giudicata un peccato grave da punire. Riduciamo i contatti, le attenzioni solo per sfuggire alla abitudine dei colleghi di prenderci in giro anche in pubblico. Il nostro comportamento discreto risulta irritante. Cerchiamo di districarci per vie diplomatiche. Ci chiudiamo in bagno per sfuggire a rappresaglie. Il luogo di lavoro diventa una caserma grigia e monotona. Nessuno è disposto ad aprire il cuore sinceramente con noi. Nessuno è umile, tutti raccontano anche bugie per vantarsi. Ognuno ha premura di esaltarsi per non sfigurare. Cerchiamo di essere educati, rispettosi, delicati. Certo le frasi sibilline, enigmatiche, offensive dette con poca grazia ci logorano alla lunga. I commenti ci fanno strizzare gli occhi. A malapena sopportiamo una giornata di lavoro. Il clima diventa di piombo. Continuano a fare apprezzamenti sul nostro look, sulla nostra mancanza di fascino, sui nostri primi capelli bianchi. Tutti i colleghi ricadono negli stessi errori di sempre. Con voce squillante ci chiamano signore, signora per deriderci, per farsi beffa di noi. Se però ci volevano amici, collaborativi anche parzialmente, avrebbero dovuto lasciare spazio al rispetto e alla educazione, alla ampia comprensione. Ci sarebbe bastata anche una leggera pacca sulla spalla in segno di solidarietà. Praticamente invece ogni volta ci troviamo di fronte a comportamenti oscuri e negativi in barba al rispetto dove fa capolino solo il senso di superiorità. Noi siamo costretti malgrado tutto ad essere poco visibili, ad industriarci a rimanere celati.