Nel mondo del lavoro si devono affrontare varie sfide, di solito si preferisce affrontare un problema alla volta ma in certi casi i problemi si accavallano, si intrecciano in un groviglio inestricabile dove è sempre difficile trovare il bandolo della matassa. Ci sono persone, colleghi che reputiamo perle di saggezza, con cui abbiamo un rapporto di autentica amicizia. Sono persone che si preoccupano visibilmente per noi, che si allarmano per noi, che ci proteggono. Sono persone riflessive, attente, poco gaudenti, di cui abbiamo sperimentato la laboriosità e la sincerità. Sono persone alla apparenza buone che sembra il destino ci abbia messo davanti. Per anni il rapporto prosegue senza intralci. Poi le persone cosidette amiche magari vengono spostate in altro dipartimento, hanno un avanzamento di carriera, diventano vice direttori, diventano il braccio destro di dirigenti, diventano capi di dipartimento, o semplicemente ricevono una mansione diversa pur con lo stesso livello.
Allora il loro atteggiamento di colpo cambia. Il rapporto diventa logoro, spento. La persona non ci saluta nemmeno, non ci fa gli auguri nelle festività, si mostra completamente indifferente. Con noi al cospetto solo silenzi, prolungati, sguardi duri e torvi. Noi siamo meravigliati, ma non perdiamo la calma, non ci disperiamo, risparmiamo i rimbrotti. Il sistema di comportarsi ci sembra iniquo, disgraziato. Siamo rammaricati, stringiamo i denti, ma cerchiamo di recuperare. Sentiamo un senso di estraneità sulle pelle. La persona ci tratta come se fossimo responsabili di atti maleducati. Proviamo a recuperare a mettere olio agli ingranaggi, mandiamo una email innocente, un messaggio telefonico neutro, parliamo in tono pacato. La persona non ci considera e si comporta come le altre che un tempo aveva criticato aspramente per il loro comportamento altezzoso e bieco. Scopriamo che non siamo più gli amici prediletti, la persona ha preso il largo frequenta persone diverse, non ha tempo per noi anzi ci evita, ci critica, non risponde alle nostre stimolazioni, Ci sembra una ingiustizia, ogni giorno si verifica la condizione di perdere amici, colleghi. Non possiamo farci nulla, certi soggetti sono tarati in quel modo. Molti sono boriosi, faziosi per il nuovo incarico, pensano di rappresentare l’azienda. Ai loro occhi siamo miseri degni di una fine miseranda. Chi poi raggiunge il potere è ancora più distaccato e pungente. Ci sentiamo vessati, discriminati, moralmente abbattuti. Facciamo il possibile per riportare da noi la persona in questione , ci ingegniamo ma lei o loro sono sostenuti non vogliono saperne di noi. Il loro posto prestigioso vale più ovviamente di una amicizia. Sono convinti di essere arrivati per loro volontà e bravura, magari invece hanno avuto audaci spinte politiche. L’amicizia, che forse è esistita solo da una parte, langue, viene meno. Con immenso dolore introduciamo la persona o le persone maleducate, ostinate nella lista nera dei nostri oppositori a cui per forza maggiore non dobbiamo e non possiamo più rivolgere la parola.
Scopriamo che nel lavoro domina lo spirito di divisione, la continua maleducazione. Persone che si meravigliavano di certi atteggiamenti poi li adottano pure loro mostrando di essere ipocriti. Conviene barcamenarsi senza essere assaliti da rabbie. Le necessità interne obbligano a certi comportamenti sopra le righe che per fortuna non minacciano la nostra integrità morale, la nostra rettitudine, la nostra cultura. In fondo non è una ingiustizia sociale abbiamo solo perso una persona ipocrita che credevamo leale. E’ solo uno che si è uniformato al comportamento degli altri che prima biasimava. Nel lavoro ci vorrebbe una riforma radicale che implicasse anche l’educazione del capitale umano, necessaria per evitare conflitti e situazioni indegne. Per fortuna che la nostra dignità e il nostro prestigio restano intatti. Il consesso dei nemici ostili amanti del potere li mettiamo a posto e li lasciamo fuori della porta. Non servono mosse sovversive, bellicose, gli avversari sostenuti si combattono con la totale indifferenza e pacatezza.
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