I biscotti wafer sono stati inventati da un inglese e hanno origini inglesi. Nell’antico inglese erano chiamati Waba che significa nido di api, in riferimento al reticolo che li ricopre simile a un alveare.
Si tratta di un biscotto friabile, leggero, uno snack dolce ricoperto di una cialda sottile come ostia. Questa specialità prevede anche le forme mignon. In Italia vennero chiamati fru fru, che nel gergo onomatopeico riproduce il fruscio della stoffa sgualcita, specie al centro sud.
Il primo a unire le cialde con la crema vaniglia fu appunto un pasticcere inglese a cui erano avanzate delle cialde. Le cialde erano fatte con burro, uova e farina e lievito, e messe in uno stampino.
Nel XV secolo il biscotto si diffuse in tutta Europa ed era prerogativa delle classi elevate come avvenne pure per la cioccolata calda. In Italia la produzione si concentrò a Napoli e in Campania. Nell’ottocento era molto diffuso il wafer napoletano.
Poi Alfonso Loacker nel 1925 in una pasticceria di Bolzano a livello artigianale creò la ricetta con la crema di nocciole oltre che con cacao e vaniglia. La azienda cominciò poi la esportazione. Anche monasteri acquistarono il prodotto che si diffuse in modo capillare nel Trentino. Il Tirolo orientale fu il luogo di produzione. Poi nella azienda subentrarono i figli e nipoti del fondatore. Molte aziende con molti dipendenti si concentrarono a san Candido.
Molte industrie sorsero in Austria in particolare nella zona di Monaco di Baviera. La ricetta qui subì delle differenziazioni. Furono introdotte molte varianti con ricotta, marmellata, cioccolato, panna, crema ecc.
La produzione in Italia si concentrò nell’avellinese per la presenza sul territorio della coltivazione delle nocciole indispensabili per la farcitura. A Firenze si ebbe una discreta produzione e i wafer erano chiamati a livello locale favo di miele e si usava per la farcitura pure il miele e i frutti di bosco.
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