Provo a riscrivere: "il teatro è una forma espressiva che NON può essere disgiunta dal rito collettivo in presenza, dalla potenza del luogo, dall’interazione sociale"
Ecco, così riconosco la congruenza di una definizione di "Teatro", che etimologicamente significa "sguardo in presenza", a differenza di "idolo" che contempla anche un guardare distinto dalla compresenza di osservato e osservatore.
Sostengo che oggi come non mai il teatro dovrebbe riaffermare con forza, coraggio, per non dire addirittura prepotenza, la radicalità fisica del suo sostanziarsi.
Il digitale non è incompatibile col teatro, purché rimanga oggetto di scena, elemento di un linguaggio plurimo, opzione intermediale inclusa nel rito del "vedersi", del "theasthai" dal vivo.
Il resto, per parafrasare un Sommo, è rumore di fondo. Vacuo tentativo di giustificare l'idiozia dei gesti esperiti da una comunità durante una crisi di panico collettivo di fronte ad un'ondata pestilenziale.
Il medium è il messaggio, insegnava McLuhan, e infatti un attore che usa il digitale per sopravvivere in uno spazio di non-presenza è autore di un video digitalizzato, di un medium passibile di valore estetico eccelso, così come di preziosa restituzione documentale, ma che non è più teatro. Punto.
Una delle più alte ricerche metapoetiche del Novecento, il teatro della crudeltà di Antonin Artaud, impegnò il paragone teatro-peste per evocare il senso profondo dello stare sociale del teatro, contagio cruento dell'immaginario collettivo. Oggi una nuova peste ha indotto la società nel suo impanicarsi paralizzante a privarsi del teatro-peste, per sostituirlo con un idolo "in vitro" il cui messaggio è irrimediabilmente altro, accettazione passiva delle conseguenze di un estraniarsi dell'umanità dalle leggi di natura, digitalizzazione di corpi negati all'incontro in uno spazio di visione-contatto. Di qualcosa bisogna pur sempre morire, ripeteva mia nonna nella sua saggezza. E in piena pandemia l'umanità ha preferito ideologicamente il rischio della morte del teatro come contagio e trasformazione spirituale, al rischio della morte del corpo. Scelta legittima, per carità. Ma non mi si dica che il teatro oggi è vivo grazie al digitale. Sarebbe come dirmi, mentre guardo la foto di mio zio morto di covid un anno fa in una Rsa della Valseriana, che mio zio è vivo.
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