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Galdus Academy intervista i responsabili di Gruppobea, una grande azienda milanese specializzata in design che ha saputo coinvolgere giovani studenti integrandoli tra le maglie della propria organizzazione. Claudio Gatti, direttore generale, e Jonas W. Bendaou, psicologo e responsabile sviluppo. Cominciamo subito con lei Jonas. Si occupa di formazione e segue per conto dell'azienda l'area sviluppo. Ritiene sia possibile provare ad innovare durante una crisi economica così acuta? Sì, è possibile. Ma per farlo è importante fissare due concetti chiave. Il primo è che durante un momento critico bisogna essere disposti al cambiamento. Il secondo è che il cambiamento comporta sempre uno sforzo notevole. In entrambi i casi saremo chiamati a mutare il nostro modo di pensare. Ed è in questo scenario che, a proposito di formazione, la nostra organizzazione ha scoperto quanto la presenza di studenti in stage all'interno della struttura ha aiutato a far meglio di quanto si potesse sperare. Perché questa relazione tra gli stage e il cambiamento? Semplicemente perché i giovani sono trainanti. Rappresentano, in ogni loro azione, la spinta nei confronti di quel che verrà. Aiutarli a crescere professionalmente, seguirli, dedicar loro tempo, superare le resistenze che emergono quando si ha a che fare con l'insegnamento, ci dà modo di conoscere più profondamente noi stessi, le nostre paure, i nostri limiti. Essere al loro fianco ci ha dotati di uno spirito di osservazione totalmente nuovo. Ci ha abituati a essere più attenti. Ma ci ha anche costretti a parlare in modo diverso, ascoltare in modo inusuale. Pensare in modalità più rapida. D'altronde, entrare nella visione del loro universo ha alterato immancabilmente l'annoso ordine consuetudinario del gruppo. Ecco perché, più siamo stati in grado di dare una mano agli studenti, formandoli ed integrandoli, più è mutata la rete delle nostre abitudini. Più siamo stati disposti a sacrificare il nostro tempo, più abbiamo scardinato vecchi comportamenti per cui c'era assuefazione. E siamo diventati giorno dopo giorno più plastici, esattamente così come accade in una rete neurale ipersollecitata. La verità è che quando è arrivata la crisi, stava già incredibilmente trasformandosi il nostro modo di osservare le cose. In poche parole, con la scuola in azienda, abbiamo costruito inconsciamente l'assetto per prepararci all'innovazione. Sig. Gatti, Come direttore generale del gruppo può spiegarci in che modo si è adeguata la vostra azienda a questo periodo? In questo ciclo difficilissimo abbiamo dovuto essere critici con noi stessi per cominciare a cogliere le diverse aree di miglioramento. Nella prima fase, quando le attività in Italia hanno cominciato a non poter ospitare più nessuno, Gruppobea e SoaCasa hanno guardato al world wide web con meno approssimazione, utilizzando tecnologie che alimentassero la comunicazione a distanza con i clienti. Ovviamente, avendo due show room di 5000 mq dedicati a prodotti di finitura, la difficoltà stava nel conciliare lo spazio fisico, quello non più praticabile a causa del covid, con quello digitale. Si è dunque lavorato sulla valorizzazione dei prodotti esposti avvalendoci di piattaforme come Skype, zoom, WhatsApp, per condividere con il mondo fuori, il nostro mondo. Da qui è nato "smart show room" un progetto studiato per il periodo di chiusura, basato sul servizio di appuntamento in remoto che contemplava una consulenza attraverso video chiamata, e che offriva al cliente la possibilità di poter visionare i prodotti esposti nei nostri stores. Una vera e propria diretta in cui il progettista veniva seguito per tutto il tempo della consulenza da un regista video. Questa nuova attività ha introdotto risposte più rapide ed ha spostato il focus, spronandoci a dare maggiore valore alle richieste di chi non poteva allontanarsi dalla propria casa. Poi, alla riapertura, ho optato per la ratifica di questo standard qualitativo. Quindi, preventivi più rapidi. Gestione degli appuntamenti più mirata. Attenzione ed ascolto attivo per cogliere ogni singola opportunità. Ad oggi, posso dire che non ci lasciamo sfuggire alcuna occasione ed i numeri, a quasi un anno dall'inizio della pandemia, sono confortanti: nonostante la perdita economica dei mesi di marzo e aprile a causa della chiusura forzata, l'azienda è riuscita nei mesi successivi ad eguagliare gli anni precedenti. Inoltre, a partire dall' anno scorso, siamo riusciti ad inserire 7 nuove figure professionali, 5 delle quali provenienti proprio dagli stage. Jonas, pensa sia necessaria anche una buona dose di fortuna per affrontare tutto questo, o uno psicologo ritiene sempre che la fortuna non esista? Non so davvero risponderle. Questo virus ha colpito in lungo e largo penalizzando alcune categorie più di altre e, questo, è un duro colpo alla capacità e allo spirito dei singoli imprenditori italiani che cercano di fare il possibile anche senza l'aiuto di una politica spesso inesistente. Se avessimo avuto un ristorante probabilmente avrei usato parole diverse. Ma se mi chiede quanto la fortuna intervenga quando nel tuo cielo c'è una crisi, non posso che insistere sull'assunto iniziale. La diversa prospettiva, se si ha voglia di mettersi in gioco, ti obbliga a mutare il pensiero. E se il pensiero muta, non cambiano mai improvvisamente le condizioni, cambiano solo gli occhi con cui le osservi. Chiudo con una frase che un mio docente universitario ripeteva spesso: Allontanati dall'elefante se vuoi vedere l'elefante. Bene. Parliamo di quel che vi circonda. Sig. Gatti, ci spieghi se è cambiato (e in caso affermativo in che modo) il rapporto con i clienti, i dipendenti e i fornitori. Direi di sì. Durante la crisi più profonda, e quindi nei periodi di chiusura, abbiamo deciso, nonostante il calo di fatturato, di pagare tutte le scadenze dei nostri fornitori e rispettare gli impegni presi. Stesso dicasi per i nostri dipendenti. Questo ci ha garantito, a costo di un grande sacrificio, credibilità. Il rapporto oggi con i nostri fornitori primari, quindi anche le grandi industrie italiane che fanno parte di quella Confindustria ceramica che ci ha premiato come miglior store italiano, è adesso più forte di prima. I clienti a noi più affini, operatori del settore e architetti, hanno gradito invece la volontà di star loro vicini, con il sostegno nell'ambito del profilo finanziario, il supporto operativo nelle dinamiche lavorative, la creazione di condizioni di business tarate sui singoli bisogni. Soprattutto, hanno apprezzato la predisposizione all'ascolto empatico durante uno dei momenti più complessi degli ultimi cinquant'anni. Ha funzionato ed adesso la filiera è più salda di prima. Si sono dunque presentate opportunità che siete riusciti a cogliere? La vera opportunità, lo ripeto, è proprio relativa al cambio culturale. Modificare le nostre attitudini, le abitudini. Allargare gli orizzonti. In questo scenario ho fortemente voluto investire negli spazi espositivi ed inserire nell'organico un promoter per gli architetti ed un kaccount per nuove canalizzazioni su cantieri. Oggi, 10 mesi dopo, abbiamo circa 230 nuovi operatori del settore che sono entrati a far parte del nostro portafoglio clienti. Il covid in alcuni settori ha accelerato alcuni processi di automatizzazione o ha introdotto alcune novità, è successo anche nelle due aziende? Le novità sono relative agli impianti informatici. Abbiamo consolidato la sezione del crm cominciando a distribuire le informazioni riservate a pochi responsabili, a tutti i livelli della azienda. Si è poi proseguito a lavorare su internet e sui social, assegnando ad un professionista esterno la gestione di quest'area che aveva bisogno di freschezza e continuità. Nell'ambito logistico, invece, abbiamo cominciato a sviluppare una serie di processi utili alla eliminazione della carta, rafforzando la dimensione tecnologica. Se i magazzinieri, due anni fa, avevano bisogno di stampare fascicoli per controllare quanto il cliente ritirava, adesso navigano velocemente grazie ai tablet e l'uso del bar code. Inoltre, con la direzione marketing, nel mese di dicembre abbiamo cominciato ad organizzare il progetto di firma digitale che contiamo di chiudere entro l'anno. Ovviamente, l'innovazione ci ha spinto a cavalcare anche le novità relative all'introduzione di leggi a supporto dell'economia come l'eco bonus, agevolazioni per ristrutturazioni e sviluppo del green, trasformandoci in uno sportello dedicato a chiunque abbia bisogno di una guida nel complesso mondo della fiscalità. E, questo, è un plus. Ci dica, capita mai che un direttore generale voglia che gli studenti di uno stage partecipino al processo di innovazione? Assolutamente sì. E le dirò di più. Non solo partecipano. Lo realizzano. Uno dei progetti in atto ha come focus un tema importante: Il verde. Siamo partiti con una piccola idea che prevede il coinvolgimento degli alunni del corso green galdus per la realizzazione di un arredo verde all'interno del cortile aziendale. Il lavoro messo in campo, che ha previsto un investimento economico da parte della struttura, mette in condizione gli studenti di vivere un vero e proprio laboratorio all'esterno con i propri docenti, per l'acquisizione di tecniche di piantumazione e cura della pianta. E non è tutto. Il progetto potrà essere esteso anche alle altre aziende della zona, perché integrato nella idea più grande di valorizzazione del nuovo distretto TOCO, area che comprende Toffetti e Corvetto, e per cui sono stati coinvolti gli allievi della classe di informatica Galdus per un progetto iniziale a livello comunicativo. Insomma, nel periodo peggiore per per la didattica, realizziamo laboratori all'esterno, portiamo la scuola nei grandi spazi della azienda per far vivere ai ragazzi la dimensione di un obiettivo, tesi fondamentale per cominciare a conoscere il mondo del lavoro. A maggio 2022, grazie al corso Galdus green, 40 gelsomini copriranno interamente le pareti esterne della struttura, e spero davvero possano diventare il simbolo di questo cambiamento. Jonas, lei tratta da sempre materiale umano. Come immagina il futuro? Che bella domanda. A dire il vero, non siamo più abituati da tempo a fare programmi a lungo termine. La pandemia, lo scenario politico, le difficoltà imprenditoriali, la frammentazione europea, le tensioni sociali, la mancanza di lavoro, la solitudine, non consentono a nessuno di poter guardare lontano. Quel che possiamo invece fare è vivere, ed impegnarci adesso. Cercare di essere più attenti al mondo che ci circonda, sensibili ai temi ambientali che rappresentano il futuro delle prossime generazioni. Soprattutto, mi piacerebbe che il nostro domani contenesse la capacità di essere più premurosi nei confronti del prossimo. Un tema complesso e bellissimo. Sì. Ha ragione. Devo dirle che mi ha sempre affascinato il pensiero di un tal Kazuo Yano, visionario scienziato giapponese e ricercatore di Hitachi che, negli studi di una vita, ha spiegato al mondo quanto sia forte la relazione tra quel che facciamo per gli altri e la nostra felicità. Le sue ricerche nell'ambito della intelligenza artificiale sul lavoro, hanno evidenziato che la felicità ci permette di concentrarci sulla nostra operatività. Soprattutto, hanno certificato che le persone felici rendono felice chi interagisce con loro, portando ad aumenti delle prestazioni lavorative del proprio gruppo fino al 27%. Quindi aiutare gli altri, a pensarci bene, fa già parte dei nostri istinti. Spesso, però, lo dimentichiamo. O, ancor meglio, lo nascondiamo. Per quanto ci riguarda, nel nostro micro mondo abbiamo finalmente compreso quanto sia positivo incoraggiare la crescita e la creatività di giovani studenti che arrivano in azienda spaesati, a disagio, impauriti, a volte con storie familiari tristi alle spalle. Perché la preoccupazione per loro, il tempo investito, l'empatia, la formazione, favoriranno immancabilmente innovazione, resilienza, sviluppo, speranza e, come diceva Totò, piccole dosi di felicità
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