Rosabelle, in inglese Rosebud, è l’ultima parola pronunciata da Charles Foster Kane (interpretato da Orson Welles) prima di morire tenendo una palla di vetro in mano, con dentro una piccola casetta di legno nella neve.
Accade nel film capolavoro di Orson Welles del 1941, Quarto potere , in inglese “Citizen Kane“, incentrato sulla parabola del magnate dell’editoria Charles Foster Kane (liberamente ispirato ad un personaggio dell’epoca) che dalla miseria assoluta diventa plurimilionario (all’epoca significava plurimiliardario), per poi isolarsi con la moglie nella sua fortezza principesca chiamata Xanadu (e come altro poteva chiamarla?). In seguito Xanadu diverrà il tetro mausoleo del suo declino.
Perché pronuncia la parola Rosabelle sul punto di morte? chi è Rosabelle?
E’ quello che si chiedono i giornalisti incaricati nel film di ricostruire la vita dell’uomo più controverso e odiato del tempo.
Anche lo spettatore distratto se lo chiede, perché in realtà la risposta è all’inizio del film. Qui sta il genio incomparabile di Orson Welles, che è riuscito a lavorare sulla categoria cinematografica dell’immedesimazione su un doppio piano: sul piano narrativo e, cosa straordinaria, su quello intimo, scandagliato nei meandri più reconditi della rimozione . Già perché Rosabelle, lo si intravvede all’inizio e lo si capisce definitivamente alla fine, è la scritta sullo slittino di Kane, piccolo e povero, ed è legata all’evento più traumatico di tutta la sua vita: il distacco doloroso dai genitori (in particolare dalla madre) che lo avevano consegnato ad un ricco uomo d’affari, che avrebbe dovuto amministrare poi l’immensa eredità di cui il piccolo Kane era erede.
Tutto il film è incentrato sull’ascesa di Kane, attraverso l’uso accentuato e a volte un po’ ridondante dell’allegoria dello sfarzo, dello spreco e del potere.
Una nota sul titolo del film
Il Quarto Potere, che dà il titolo al film, è rappresentato sociologicamente dai mezzi di comunicazione di massa (all’epoca editoria, cinema e radio). Il film evidenzia, facendo ricorso anche alla caricatura e al grottesco, i pericoli derivanti dalla concentrazione dei media nelle mani di un solo individuo (nel film Kane). In questo senso il film è considerato profetico del conflitto di interesse permanente che rischierà di minare le basi delle moderne democrazie fino ai nostri giorni. L’esempio grottesco di questo strapotere è rappresentato nel film dalla moglie aspirante cantante lirica . Malgrado sia stonata come una ciabatta Kane, grazie alla proprietà monopolistica dei media, riesce ad inscenare mediaticamente il successo della moglie in tutte le sue apparizioni canore.
La tragica parabola umana e sociale
Ma il film in realtà, come già detto, si occupa dell’uomo Kane e della sua tragica parabola. Il declino è lento e inesorabile, e come nei miglior film americani di quegli anni, procede per scalini verso l’inferno con il pathos somministrato a fuoco lento, nella più lugubre delle escatologie.
L’inferno della solitudine nel suo palazzo Xanadu, ormai vuoto, lasciato anche dalla moglie. La fine giunge così più che mai ingloriosa, con la palla di cristallo che scivola dalle le mani nella rovinosa caduta e morte di Kane e quell’ultima parola pronunciata “Rosabelle!”
Il palazzo di Xanadù, che nel film Kane fa erigere a monumento del suo successo e dove morirà abbandonato da tutti
Rosabelle! Rosabelle! E’ quel tarlo nascosto che ognuno di noi porta con sé da sempre e per qualche motivo più o meno a noi sconosciuto, finché non capita qualcosa che lo fa riemergere. E’ un episodio, spesso accaduto in età infantile, dove è più facile che finisca come residuato inconscio nell’età adulta, perché avvenuto su un diverso piano dell’evoluzione della coscienza. Molti di noi, non posso dire se proprio tutti, ne sono portatori.
Kane da quell’evento (l’affidamento al ricco tutore) ebbe tutto ma perse tutto e l’unica cosa che davvero contava, all’epilogo della sua pantagruelica ricchezza, ambizione, crudeltà, spregiudicatezza ed egoismo, era il suo slittino Rosabelle. E’ la metafora materna di tutto il suo tormento, zattera della fanciullezza strappata nella tormenta della vita, tormenta di neve con cui si apre la scena del distacco dai genitori.
Lo slittino Rosebud, l’ultima parola che il cittadino Foster Kane pronunciarà prima di morire. Nessuno saprà, nel film, che Rosabelle era lo slittino di quando era piccolo e viveva in povertà nella casetta dei suoi genitori.
Il film finisce con i cine giornalisti che si accalcano come avvoltoi questuanti attorno alle ricchezze di Kane ormai morto.
In una grande sala del castello, una foresta di cimeli e oggetti di antiquariato sono lì a sottolineare la beffa di questi oggetti che finiscono sempre per sopravvivere a chi li accumula. Rosabelle lo slittino, considerato inutile e gettato con scherno dai traslocatori nel fuoco, era invece l’oggetto più importante di per Kane. Al di là del palcoscenico grottesco della vita dove si mette in scena l’apparenza, esistono degli oggetti nel camerino di ciascuno, intimi, a volte dolorosi, che ci portiamo dietro fino alla tomba. Ognuno di noi cerca la sua Rosabelle, spesso senza trovarla.
Kane è riuscito a pronunciarla, quanti di noi saranno capaci o avranno la fortuna di poterlo fare? Ma una Rosabelle c’è per tutti noi, ricordate “Rosabelle!” “Rosabelle” “Rosabelle”.
Paolo Conte
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