Un paese senza nome di quella parte di Calabria lambita dal fiume Petrace (il Metauro del tempo mitico) e battuta dallo scirocco che rende folli gli uomini. Gli anni della breve vita di don Ciccio d'Alessandro (1890-1935), nobile e ricco medico, le cui azioni renderanno tragiche le esistenze di coloro che userà quasi fossero strumenti in suo possesso. Strumenti che si ammalano delle malattie incurabili della povertà e che a volte prendono il nome di "mantenute", giovani donne fedeli come mogli ma senza averne i diritti. E poi c'è la 'ndrangheta che finisce di avvelenare una società impietrita da meccanismi di millenaria iniquità, congegnati per dare sempre più privilegi a chi già li ha e dolore a chi non ha neppure il diritto di vivere e di amare i propri figli. Due parti di umanità che la morale vorrebbe lontane ma che la natura, il destino, l'istinto vogliono mescolati in incroci sterili, come sterili sono i muli. Cortocircuiti che generano vite con un difetto d'origine da coprire con la morte. Chi sfida le leggi di casta ha solo due alternative: essere ammazzato o diventare assassino. Saverio è troppo giovane per morire. L’intera storia è intessuta del rapporto subalterno tra Don Ciccio e Carmela: della progressiva deriva dell’uomo che, piuttosto che procedere verso l’elevazione spirituale, pur avendone mezzi e ingegno, si proietta scientemente verso gli inferi della totale abiezione morale. Trattando Carmela da oggetto sessuale impedisce a sé stesso di godere della paternità che la donna, suo malgrado, gli procura, e alleandosi segretamente con i membri di quel folto sottobosco criminale costituito dalla nascente organizzazione mafiosa, diviene un colluso, un fiancheggiatore doppiamente responsabile e perciò stesso doppiamente spregevole. Don Ciccio e’un personaggio irrisolto, un immaturo diremmo oggi, un ignavo che, pur percependo lucidamente la realtà infima del luogo in cui vive, non sceglie la vita, come dovrebbe secondo coscienza e secondo l’educazione ricevuta: sceglie, nel privato, di appartenere all’oscurità dei rapporti non svelati, alla quiete umiliante dell’accoppiamento senza emozioni e - nella vita pubblica - di aderire ad una classe sociale ignava e immobile, quella della borghesia terriera meridionale. Queste alcune delle cifre che saranno oggetto di analisi della presentazione, organizzata dal Circolo Culturale “L’Agorà”, sul saggio letterario “La Terra Rossa” del romanziere e ricercatore dott. Santo Gioffrè , gradito ospite del sodalizio culturale reggino. L’incontro sarà disponibile a partire da venerdì 19 gennaio sulle piattaforme Social Network presenti nella rete. Tenuto conto dei protocolli di sicurezza anti-contagio e dei risultati altalenanti della pandemia di COVID 19 e nel rispetto delle norme del DPCM del 24 ottobre 2020 la conversazione,organizzata dal sodalizio culturale reggino, sarà disponibile, sulle varie piattaforme Social Network presenti nella rete, a far data da venerdì 19 gennaio.
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