Discussione

L'OPPIO DEI LAVORATORI

Scrivo per rilassarmi un po’. Sento come se la mia identità fosse stata in qualche modo inglobata da un lavoro che non mi sta dando più nulla se non l’oppio moderno: lo stipendio. Ogni mese, come un drogato in attesa della propria dose, attendo quel maledetto bonifico. Ecco, rinizia tutto daccapo. Rientro in quel circolo vizioso, in cui divido tutto ciò che ho guadagnato con il sudore della fronte, fino all’ultimo centesimo. La gioia di ricevere i soldi dura solo pochi istanti, poi tutto si scompone in briciole. Ed ecco, che rinizia l’attesa fino al mese prossimo. Resisti, governa la stanchezza del tuo corpo e della tua mente, racchiudi, nei piccoli istanti di tempo libero, le tue passioni e i fragili momenti di socialità, fai straordinari forzati per mancanza di personale, dormi, mangia e lavora. La vita si riduce a questo. Si diventa automi di uno schiavismo mascherato da indipendenza. Il telefono resta acceso e attivo sul gruppo di lavoro, nel caso “dovesse servire”. Ci si ritrova al punto di sognare il lavoro stesso che, come un parassita che ti mangia il cervello, riempie ogni piccolo spazio di libertà tu possa ancora avere, fisico o metafisico. I sogni… che fine fanno i sogni? Restano bloccati nei ricordi, perché si è troppo stanchi per inseguirli. Ciò che doveva essere un modo per finanziare i propri obbiettivi, alla fine diventa quasi una ragione di vita incosciente, perché si dimentica il significato della vita stessa. Si vive per lavorare, anche se ci si racconta il contrario. Infatti, si lavora anche con la febbre. Il diritto di riposo per un malanno è considerato un lusso da non potersi permettere. Ma quando abbiamo iniziato a pensarla così? Cosa è stato inserito nel nostro cervello che ci fa sentire in colpa di essere malati? Ed è nei piccoli istanti di lucidità, in cui ci si sveglia da questo incantesimo infinito, che si ricerca che cosa sia rimasto di noi stessi e si cerca la soluzione a questo rompicapo, la cui soluzione sembra impossibile. Lavoriamo tutta la vita, di mese in mese, in attesa dell’oppio finale: “la pensione” che probabilmente non vedremo mai, perché il nostro corpo, quasi sicuramente, deciderà di spegnersi e resettarsi prima che arrivi quel momento. E forse è proprio questo quello che vogliono i governi, arricchirsi sulla perdita delle anime, promettendo un ritorno monetario che però non arriverà mai, perché i requisiti per accedere a questo eden immaginario diventeranno sempre più impossibili da raggiungere. Come si possono tagliare questi fili? Come si può essere davvero liberi? Mentre faccio questi pensieri, vado a dividere la mia dose di droga mensile. Lasciando una parte da parte nella speranza, un giorno, di potermi comprare la libertà.