Ogni giorno nei rapporti umani tendiamo a lasciare correre, ad essere arrendevoli. Alcune volte di fronte a grosse offese o a assurde vanterie per orgoglio siamo tentati a non mollare. Alcune persone anche amiche ci sorprendono per la loro invadenza, vigliaccheria, sfacciataggine, cattiveria. Alcuni anche parenti e amici, colleghi hanno la prerogativa di rovinarci le giornate. Molti sono impertinenti, aggressivi, offensivi e hanno comportamenti idioti. I dialoghi sono sempre singolari o racchiudono esaltazioni di se e della famiglia o strali e invettive per noi. Di solito non lanciamo il guanto della sfida per quieto vivere, per non ferire come ci hanno ferito. Spesso non ci adiriamo, tiriamo avanti con dignità, adattandoci senza però abbassare gli occhi o guardare con sfida. Chi ci offende meriterebbe una punizione esemplare. Invece solo la nostra anima stanca lancia un urlo forsennato. Molti osano rovinarci l’umore, ci spengono il sorriso, ci fanno palpitare il cuore. Molti audaci si mostrano privi di sensibilità. Alcune volte le offese sono talmente forti che ci procurano insonnia. Poi con passo felpato riprendiamo cauti il nostro cammino, convincendoci che tutto può tornare normale. La notte prima di dormire ripensiamo però ossessivamente agli insulti con un velato senso di angoscia. Non riusciamo ad essere malvagi, a restituire pan per focaccia. Non amiamo offendere, danneggiare l’umore degli altri.
Con il tempo saggiamente impariamo a gestirci. Dopo attento collaudo nel momento in cui conosciamo una persona nuova, un collega nuovo, la fidanzata di un parente ci industriamo a mettere subito dei paletti pur mostrandoci tolleranti. Studiamo il soggetto e vediamo la strategia da adottare. Con il tempo ricalchiamo lo stesso comportamento tranne alcune varianti dettate dalle circostanze, Se una persona si rivela scorbutica noi abbiamo già messo le distanze. Se in albergo dove siamo in vacanza una donna superba e volgare ci da filo da torcere quando viene un’altra donna fanatica noi diamo poca confidenza pur mostrandoci calmi e gentili, ma nei gesti glaciali, nelle parole evasivi. Ripetiamo questi comportamenti all’infinito. Notiamo che siamo circondati da palizzate, staccionate, paletti, cancelli nei casi più gravi. Mettiamo barriere con le nuove persone, parliamo lentamente con freddezza, somigliamo a un robot. Non mostriamo i nostri sentimenti. La nostra voce è incolore, atona. Per il nostro equilibrio siamo costretti a frenare impulsi, confidenze, incontri. Molte persone si rivelano meschine, suscettibili e noi dobbiamo per forza difenderci con paletti pesanti Marchiamo il territorio come i gatti. I rapporti in questo modo non sono facili, ma complicati, nessuno scalfisce il nostro muro omertoso. In compenso siamo calmi, non perdiamo le staffe, il nostro volto è calmo ma freddo.
Viviamo mettendo continuamente paletti per costrizione, la nostra libertà menomata, le nostre amicizie ristrette. Mille scrupoli ci assediano. Abbiamo solo scampoli di sole, di amicizia. In questo modo eliminiamo parole insultanti, frasi colleriche rivestite di ironia e offesa.
I paletti però ci tolgono visibilità e alla fine fanno male al cuore anche a quello più forte. In ogni rapporto instaurato ci vorrebbe educazione che molti non hanno.
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