Negli ultimi tempi si parla spesso di occupazione in crescita, di miglioramento economico, di riduzione delle tasse, sembra la descrizione di un paese delle meraviglie, vibrante, ricco di entusiasmo. Sembra la descrizione di un film stupendo dove i protagonisti sono belli, ricchi, intelligenti, appagati. Il nostro paese agli occhi degli stranieri sembra il paese di cuccagna. Un paese in espansione, che guarda al futuro con coraggio e determinazione. Un paese dove tutto ha ampio respiro, cultura, economia, sapere. Si intuisce solo fra le righe qualche crepa che a un osservatore attento diventa sempre più vistosa. Ci sono crepe che precedono i crolli e che nessuno vede e vuole vedere. Nessuno ascolta il grido profondo di migliaia di nuovi poveri, che un tempo erano definiti benestanti. Tutti pensano a coltivare il proprio orto, raccolti nel proprio io, e non vogliono conoscere quello che accade intorno. I politici non sono capaci di captare il malessere sociale, di conoscerne perlomeno le origini. Nessuno rende giustizia al ceto medio che finisce nel ghetto. Nessuno conosce la nuova rotta. Tutti si spingono in avanti dove trovano solo il baratro.
Il disagio si sente sulla pelle. Anziani che con la pensione minima non possono comprarsi neppure un pandoro per natale, giovani che non studiano più né lavorano e né cercano un lavoro. Nessuno si segna alla università. Ci si attacca ai social per divagarsi senza visite a mostre e musei che tra l’altro con i loro costi sono divenute proibitive.
Il sentimento è quello di un avvenire oscuro. Non esiste più la gioia interiore. Riconciliarsi con la realtà è dura. Ci sono vite spezzate dalla indigenza. Non si ha voglia di ritrovare la speranza, di ritrovarsi. Le famiglie sono composte solo da una persona per paura dell’avvenire, dei femminicidi, della crisi economica. I centri storici delle città sono preda di bande di ubriachi e spacciatori, di bivacchi di stranieri lasciati marcire sui marciapiedi senza risorse. Gli stranieri dovrebbero essere accuditi non lasciati a elemosinare nelle strade. I parchi, le vie, le piazze sono in un pauroso statio di abbandono. Ci sono strade senza illuminazione. I paesi stanno diventando tutti borghi sperduti senza nessuno. I negozi si trasformano chiudono.
I politici, gli amministratori dovrebbero provare la stessa sofferenza dei cittadini inermi lasciati allo sbando con mezzi pubblici lenti e fatiscenti. Liberarsi da tale stato di cose non è facile. Si può solo rimpiangere il passato dove tutto era più regolare. Si procede a tentoni, alla cieca.
Il futuro è senza avvenire, senza sogni, senza sorprese, senza comprensione, senza luce. La gente deve fare economia sul riscaldamento, sulla luce, sul gas per vie delle bollette esose. La ripresa è lontana e l’avvenire incerto. Il deserto ci attende dietro l’angolo, nelle vie congestionate dal traffico e dalla folla.
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