Racconto incompiuto ritrovato per caso.
Adorava il suo modo di essere, il suo essere testarda, polemica, il suo andare contro corrente, il suo essere libera, il suo sapersi bastare, senza dover dipendere da nessuno, almeno all'apparenza. Se il mondo andava a destra, lei preferiva la sinistra, se gli altri sceglievano il rosso, lei preferiva il blu e sapeva motivare la sua scelta in modo accurato e chiaro, senza lasciare alcun spazio al ragionevole dubbio. Adorava la sua voglia di vincere, sempre, in tutto, il suo saperti tener testa, ma anche lasciar andare al momento giusto.
E il suo sorriso. Era un sorriso furbo, di quelli che quando li vedi pensi: "sta architettando qualcosa", ma che allo stesso tempo sapeva essere dolce e caldo.
Adorava e temeva la sua paura di esporsi, il suo non saper dire "ti voglio bene" o "ti amo" e la forza di dirlo ogni giorno con i gesti e le labbra che si dischiudono in un sorriso e gli occhi languidi quando quelle parole venivano dette a lei.
Amava quei suoi occhi grandi, scuri: ci poteva nuotare dentro.
Aveva paura quando la vedeva piangere: diventava piccola e fragile, la sua forza svaniva all'improvviso e temeva che toccandola sarebbe andata in frantumi come un cristallo incrinato: lei non era mai riuscita a dirgli che nei suoi abbracci, in quei momenti, tutti i suoi pezzi si saldavano assieme.
Adorava tutto di lei.
Era entrata nella sua vita come una tempesta improvvisa, una bella tempesta improvvisa, di quelle che servono per rigenerarti, di quelle che arrivano quando ormai ti sei abituato alla siccità e non vedi altro e che ti sconvolgono e fanno capire quanto importante sia l'acqua.
E ora, mentre riguardava il tempo della loro telefonata, mentre sorrideva ripensando a quello che si erano detti e alla sua voce, mentre la immaginava tra le sue braccia, maledicendo la distanza tra loro, desiderava che quella tempesta non finisse mai.
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